Materia scura: dallo spazio all’LHC

Mentre gli scienziati del programma Dark Energy Survey (DES) hanno pubblicato la prima di una serie di mappe della distribuzione di materia scura nello spazio cosmico, ci si interroga sulle modalità con cui il Large Hadron Collider (LHC) potrà essere in grado di rivelare le eventuali particelle che la compongono.

L’occhio di DES

Le mappe di DES, ottenute con la più potente fotocamera digitale (DECam), rappresentano le più grandi mappe contigue mai realizzate con un elevato livello di dettagli e ci permetteranno senza alcun dubbio di migliorare la nostra comprensione sul ruolo che ha la materia scura nella formazione delle galassie (immagini).

La prima mappa realizzata dalla survey DES che mostra in maniera dettagliata la distribuzione della materia scura in una ampia regione di cielo. La scala di colore rappresenta la densità di massa: rosso e giallo indicano le regioni dove la materia è più densa. Gli ammassi di galassie sono indicati dai puntini grigi la cui dimensione è relativa a quanto è grande l’ammasso. La mappa copre il 3% dell’area di cielo che DES monitorerà nel corso di 5 anni di missione. Credit: Dark Energy Survey

La mappa della materia scura si riferisce alle osservazioni iniziali della survey e copre solo il 3 percento circa dell’area del cielo che DES coprirà durante la sua missione quinquennale. La survey ha appena concluso il suo secondo anno, perciò man mano che la ricerca diventa sempre più estesa sarà possibile verificare in maniera sempre più dettagliata gli attuali modelli cosmologici. Dato che esiste una quantità di materia scura 5 volte superiore rispetto alla materia ordinaria, in termini di contenuto materia-energia presente nell’Universo, questi modelli suggeriscono che le galassie tendono a formarsi dove sono presenti grandi concentrazioni di materia scura, cioè dove risulta maggiore l’attrazione gravitazionale. Finora, l’analisi dei dati DES si può riassumere nel seguente modo: le mappe mostrano enormi strutture a filamenti di materia lungo i quali si distribuiscono le galassie e gli ammassi di galassie, inframmezzati da vuoti cosmici dove invece risiedono poche galassie, un risultato che è in linea con l’attuale modello del nostro Universo. Osservando ancora più in dettaglio le mappe, si può vedere come la materia scura avvolge le varie galassie e come esse evolvono nel corso del tempo cosmico. Ulteriori studi su alcune di queste enormi strutture a filamenti e vuoti permetteranno di raccogliere nuovi indizi su questo tipo di interazione tra materia e luce in modo da porre dei limiti più stringenti ai modelli teorici.

La potenza di LHC

L’esistenza della materia scura non è certa al 100 percento, ma se esiste davvero allora deve essere estremamente scura, perché non emette, né riflette o diffonde la luce ma soprattutto perchè non interagisce molto, se non in alcun modo, con la materia ordinaria. Non solo essa è invisibile, un pò come l’aria, ma è complicato rivelarla, persino con i migliori strumenti scientifici. Ma quanto complicato? Non ne abbiamo la minima idea, ma certamente molto di più rispetto ai neutrini, le particelle più elusive e sfuggenti tra quelle note. Nonostante la materia scura eserciti degli effetti lenti e inesorabili sulle cose che possiamo vedere, come le stelle, le galassie e la stessa luce, finora l’unico modo che ci ha permesso di rivelare la sua presenza è stato attraverso gli effetti gravitazionali, che sono enormi il che implica che ci deve essere tanta materia scura là fuori. Nei giorni scorsi, abbiamo parlato della nuova avventura di LHC (post) che avrà il compito di dare la caccia alle particelle di materia scura.

Ma come? Quando gli scienziati suggeriscono che il grande collisore adronico potrà rivelarla, in realtà si sta assumendo che:

  • la materia scura esiste (molto probabilmente)
  • la materia scura è composta di particelle (il che non è ancora stato stabilito) e che
  • le particelle di materia scura possono essere comunemente prodotte da LHC a seguito delle collisioni protoniche (che non deve essere il caso)

Si potrebbe argomentare ulteriormente su questi punti ma per ora accettiamoli così come sono. La domanda allora è: se la materia scura interagisce a mala pena con la materia ordinaria, come fanno i fisici del CERN ad utilizzare gli esperimenti di LHC, che si basano sulle collisioni della materia ordinaria, per capire se hanno prodotto, o meno, le particelle di materia scura?

Ma più in generale:

  1. Come fanno i fisici degli esperimenti ATLAS o CMS ad essere confidenti sul fatto che una collisione protone-protone possa produrre una particella inosservata, sia che si tratti semplicemente di un neutrino o di qualcosa di non familiare?
  2. Come possono gli stessi fisici dirci se essi stanno creando qualcosa di nuovo, come appunto le particelle di materia scura, e che sia degno di un Premio Nobel?
  3. Come facciamo ad essere sicuri che ATLAS o CMS rivelino particelle inosservate attraverso un processo nuovo e sconosciuto e che sia riconducibile alle particelle di materia scura?
Dopo la collisione di due fasci protonici, la creazione di due particelle inosservate viene accompagnata dalla produzione di un gluone, trasversalmente alla direzione della collisione, che produce a sua volta un “getto” di adroni. Da questo evento, i fisici possono dedurre che sono state prodotte una o più particelle inosservate. Credit: M. Strassler 2015

Proviamo a dare una risposta ai relativi quesiti:

  1. Le particelle di materia scura non dovrebbero essere osservate direttamente, come i neutrini. La loro presenza dovrebbe essere determinata per via indiretta, cioè osservando il comportamento di altre particelle che sono prodotte al loro fianco.
  2. E’ impossibile distinguere direttamente le particelle di materia scura dai neutrini o da qualsiasi altra nuova particella che sia egualmente inosservata. Ma le equazioni utilizzate per descrivere le particelle elementari del modello standard predicono il tasso di produzione dei neutrini negli esperimenti di LHC. Se il numero di particelle simili al neutrino è più grande di quello previsto, ciò vorrà dire che si sta creando qualcosa di nuovo.
  3. Per confermare il fatto che la materia scura sia composta di particelle nuove e inosservate da LHC sarà necessario tutta una serie di avanzamenti e forse occorreranno decine di anni. Sappiamo che una analisi molto dettagliata dei dati forniti da LHC permette di dedurre le proprietà di nuove particelle. Quindi, se altri esperimenti, come ad esempio LUX, COGENT o il telescopio spaziale Fermi, saranno in grado di rivelare la materia scura, gli scienziati potranno verificare se le proprietà di queste particelle saranno confrontabili con quelle eventualmente osservate da LHC. Solo allora sapremo se LHC avrà scoperto la materia scura.
Fermilab: Mapping the cosmos: Dark Energy Survey creates detailed guide to spotting dark matter
arXiv: Wide-Field Lensing Mass Maps from DES Science Verification Data
Of Particular Significance: Searching for Dark Matter at the LHC