L’importanza degli universi virtuali

Mentre gli scienziati di diversi campi di studio possono condurre esperimenti in laboratorio, come i fisici delle particelle con i loro grandi acceleratori o i biologi che utilizzano potenti microscopi, gli astronomi non sono in grado di studiare da vicino una stella o un pianeta. Persino i telescopi più avanzati forniscono solo immagini istantanee del cosmo in cui sono veramente pochi i cambiamenti che possono essere analizzati durante la nostra vita. Rimangono, perciò, questioni aperte, come ad esempio il problema che riguarda la formazione della nostra galassia, che cos’è la materia scura e quale sia il ruolo che hanno i buchi neri supermassicci che risiedono nel nucleo delle galassie. Nel tentativo di rispondere a queste problematiche, oggi alcuni cosmologi stanno affrontando progetti ambiziosi: creare “universi virtuali” che, grazie alle simulazioni al computer, potranno fornire preziosi indizi per comprendere l’evoluzione cosmica.

La prima evidenza osservativa dell’Universo nel suo insieme è legata alla radiazione cosmica di fondo, la “eco” della grande esplosione iniziale, il Big Bang, che ha dato origine al cosmo. I cosmologi utilizzano questo dato per costruire un modello che permetta di descrivere le condizioni fisiche dell’Universo primordiale che risale a qualche centinaia di migliaia di anni dopo il Big Bang. Poi, vengono aggiunti gli ingredienti base: la materia ordinaria (o barionica), da cui si sono formate le stelle e i pianeti; la materia scura, lo scheletro cosmico su cui sono “appoggiate” le strutture più grandi, come galassie e ammassi di galassie; l’energia scura, quella misteriosa forza che sta causando l’accelerazione dell’espansione cosmica. Queste componenti sono codificate in una simulazione assieme alle equazioni che descrivono i vari processi fisici, come le esplosioni stellari (supernovae) e la fenomenologia dei buchi neri. A questo punto, gli scienziati fanno evolvere la simulazione e attendono i risultati: l’universo virtuale si espande, il gas condensa in piccole strutture che alla fine formeranno le stelle e le galassie. «La cosa interessante», spiega Joop Schaye della Leiden University e principal investigator del Progetto EAGLE (Evolution and Assembly of GaLaxies and their Environments), «è che se facciamo questo, l’universo che si ottiene al computer appare sorprendentemente come quello reale. Si formano galassie di tutti i tipi e dimensioni che ricordano davvero quelle reali».

La simulazione EAGLE mostra come i buchi neri supermassicci aiutino a dare forma alle galassie. Credit: EAGLE

Attualmente, esistono diversi gruppi di ricercatori, sparsi nel mondo, che lavorano a queste simulazioni. Nel 2014, sia il Progetto EAGLE che il Progetto Illustris, guidato dall’astrofisico teorico Mark Vogelsberger del MIT, ottennero risultati significativi perché furono in grado di realizzare universi incredibilmente realistici. Entrambe le simulazioni sono alquanto complesse e coprono uno spazio cubico il cui lato si estende per circa 300 milioni di anni-luce. Inoltre, esse richiedono un’enorme quantità di alimentazione, basti pensare che un ciclo completo si basa sull’utilizzo di grandi supercomputer che lavorano per qualche mese. «Abbiamo completato una volta la simulazione», dice Richard Bower, un cosmologo alla Durham University e membro del Progetto EAGLE. «Il nostro obiettivo è capire perché l’Universo si è sviluppato così come lo osserviamo. Per questo motivo, abbiamo eseguito diverse simulazioni modificando leggermente alcuni parametri». Queste simulazioni hanno già rivelato alcune proprietà interessanti delle galassie. Il gruppo di Bower ha scoperto, ad esempio, che il numero e la dimensione delle galassie dipendono da un particolare equilibrio tra le supernovae e i buchi neri. Grazie alle loro simulazioni, Bower e colleghi hanno trovato che senza supernovae, l’universo simulato crea troppe galassie. Ciò è dovuto al fatto che senza l’esplosione di stelle, molte galassie di piccole dimensioni non vengono più disgregate. D’altra parte, se vengono incluse solamente le supernovae, le galassie crescono al punto da diventare troppo massicce, acquisendo almeno dieci volte la massa della Via Lattea. Dunque, per far tornare le cose, i ricercatori hanno dovuto includere i buchi neri. «Le supernovae e i buchi neri sono competitivi nel riutilizzare la materia che viene rifornita alla galassia», fa notare Bower. «Una volta che le supernovae iniziano a diminuire, i buchi neri prendono il sopravvento e questo segna la fine della nascita di nuove stelle e l’inizio della formazione di sempre più grossi buchi neri».

La figura illustra la transizione, da sinistra a destra, della densità della materia scura nella densità del gas. Credit: Illustris

Ci sono due tipi di simulazioni in questo campo di ricerca che riguardano le cosiddette “simulazioni rappresentative di volume”, che ricostruiscono enormi volumi di spazio dell’Universo osservabile, e “simulazioni di zoom”, che si focalizzano sulle singole galassie o ammassi di galassie. Man mano che gli astronomi raccolgono sempre più immagini dettagliate dell’Universo, i cosmologi, come Andrew Pontzen dell’University College London, utilizzano le simulazioni di zoom per tentare di esplorare le proprietà delle singole galassie. «Stiamo cercando di spingerci sempre più in là per comprendere in dettaglio come si formano le galassie», dice Pontzen. Per far questo, Pontzen e i suoi colleghi hanno sviluppato una tecnica che si chiama “modificazione genetica” e che riguarda la creazione di versioni differenti di galassie. «È un po’ come fare un esperimento», aggiunge Pontzen. «Abbiamo il controllo su come si forma un particolare oggetto e per cui possiamo dire se viene creato, o meno, in un determinato modo e quindi possiamo vedere l’aspetto finale di una galassia che emerge dalla simulazione». In altre parole, gli scienziati possono modificare il modo con cui la materia arriva nelle galassie nel corso del tempo e vedere come essa influisce sulla sua evoluzione. Allo stesso modo, i cosmologi che lavorano alle simulazioni su larga scala possono, per così dire, “girare le manopole” cambiando alcune variabili, ad esempio la legge della gravità o le proprietà della materia scura, e vedere come appare l’universo che emerge. «Credo che la cosa più interessante sia quella di vincolare le proprietà della materia scura e dell’energia scura attraverso queste simulazioni», dice Vogelsberger. «Non sappiamo che cosa sono in realtà queste componenti ma modificando leggermente alcuni parametri minori di questi modelli possiamo cercare di vincolare in maniera più dettagliata le loro proprietà fisiche». Infine, gli scienziati che lavorano in questo campo, stanno collaborando con gli astronomi osservativi per confrontare i loro universi virtuali con ciò che è presente là fuori. «È la parte più difficile», conclude Pontzen. «Alla fine, ciò che vogliamo è essere in grado di collegare queste due cose».

arXiv: The EAGLE project: Simulating the evolution and assembly of galaxies and their environments

arXiv: Introducing the Illustris Project: the evolution of galaxy populations across cosmic time