Forse non tutti sanno che la rivelazione sperimentale delle onde gravitazionali, avvenuta il 14 Settembre del 2015 e annunciata giovedì scorso 11 Febbraio 2016 in una conferenza stampa a Washington DC, è stata possibile grazie alla versione “avanzata” di LIGO (Advanced LIGO, a LIGO). Queste onde dello spazio, che allungano e accorciano la lunghezza dell’interferometro di una quantità incredibilmente piccola, hanno avuto origine da una violenta fusione (merger) di due buchi neri, di massa iniziale pari a una trentina di masse solari, così come riportato nell’articolo scientifico pubblicato su Physical Review Letters. Si tratta di un fenomeno accaduto in una galassia distante 1,3 miliardi di anni-luce e le “increspature” nello spaziotempo, per l’appunto le onde gravitazionali, sono arrivate qui sulla Terra qualche mese fa.
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Effetto tunnel quantistico su scale dell’attosecondo
Un gruppo internazionale di scienziati che lavorano nel campo della fisica “ultra veloce” ritiene di aver risolto un mistero della meccanica quantistica. I risultati di questo studio, pubblicati su Nature Physics, suggeriscono che l’effetto tunnel quantistico è in realtà un processo istantaneo. Continua a leggere Effetto tunnel quantistico su scale dell’attosecondo
La (non) costanza della velocità della luce
La velocità della luce, indicata col simbolo “c”, è una delle ben note costanti della natura. Tuttavia, in alcune teorie cosmologiche alternative, la velocità della luce non è in realtà costante bensì essa varia nel tempo e nello spazio. I dati osservativi a favore di questa ipotesi mancano, ma in un nuovo articolo apparso su Physical Review Letters, alcuni fisici hanno proposto un metodo per porre dei limiti alla variazione di c e mostrano come i futuri esperimenti potrebbero essere in grado di misurare eventuali cambiamenti, se certamente saranno abbastanza grandi da essere rivelati. Continua a leggere La (non) costanza della velocità della luce
Posto un limite al grado di ‘confusione’ dello spaziotempo
In occasione del centenario della relatività generale, un gruppo internazionale di ricercatori, hanno proposto un nuovo esperimento per verificare le previsioni della teoria di Einstein. In un articolo pubblicato su Nature Physics, essi descrivono il loro studio relativo ad una delle assunzioni base della teoria: il fatto, cioè, che tutte le particelle di luce, meglio note come fotoni, si propagano esattamente con la stessa velocità. Continua a leggere Posto un limite al grado di ‘confusione’ dello spaziotempo
Come ti rallento la velocità della luce
Sappiamo che la velocità della luce è una costante nel vuoto. Oggi, però, sembra che esista un modo per alterare indirettamente la sua velocità facendola propagare attraverso una maschera speciale. In questo modo, viene modificata apparentemente la ‘forma’ del fotone rendendolo così più lento propagandosi nel vuoto rispetto ad un fotone normale. Continua a leggere Come ti rallento la velocità della luce
Gargantua, il primo buco nero più ‘realistico’ del grande schermo
Si tratta di una simulazione senza precedenti, quella concepita da uno degli esperti più rinomati nel campo dei buchi neri, che sarà protagonista del film Interstellar, un epico viaggio nello spazio scritto e diretto da Christopher Nolan, in uscita nelle sale il prossimo 7 Novembre. L’oggetto sembra ruotare quasi alla velocità della luce, trascinandosi con sè lo spaziotempo a causa della sua intensa attrazione gravitazionale. Una volta era una stella ma invece di dissolversi o esplodere è collassata sotto l’effetto della gravità in un ‘punto’ che gli astronomi chiamano singolarità.
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Relatività e QED, eliminati i dubbi sulle previsioni delle due teorie
Le teorie della relatività ristretta di Einstein e dell’elettrodinamica quantistica (quantum electroynamics, QCD), quest’ultima formulata tra gli altri da Richard Feynman, rappresentano due importanti pilastri della fisica moderna. Oggi, in collaborazione con i colleghi di diverse università e istituti internazionali, un gruppo dei ricercatori guidati dal professor Wilfried Nörtershäuser dell’Università Tecnica di Darmstadt hanno riesaminato alcuni aspetti fondamentali delle due teorie attraverso una serie di esperimenti realizzati presso il GSI Helmholtz Center for Heavy Ion Research. Continua a leggere Relatività e QED, eliminati i dubbi sulle previsioni delle due teorie
Nessuna concordanza cosmologica con i neutrini ‘massicci’
Secondo il modello standard della fisica fondamentale, è noto che i neutrini, detti anche “particelle fantasma” per il fatto che essi interagiscono a mala pena con la materia, non hanno massa. Nonostante esistano tutta una serie di evidenze sul fatto che la loro massa non sia esattamente zero, essa rimane incerta non essendo stata misurata definitivamente. Si ritiene che i neutrini costituiscano una frazione, piccola ma importante, dell’enigmatica materia scura che rappresenta il 90% della massa di una galassia. Dunque, il fatto di modificare il modello cosmologico standard in modo tale da includere i neutrini massicci non permette di spiegare tutte le osservazioni contemporaneamente. Questa è, in breve, la conclusione a cui arrivano un gruppo di tre ricercatori i cui risultati sono stati pubblicati su Physical Review Letters.
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E se la velocità della luce fosse ‘apparentemente’ più bassa?
E’ quanto afferma in un articolo pubblicato sulla rivista New Journal of Physics James Franson, un fisico dell’Università del Maryland, che ha catturato subito l’attenzione della comunità scientifica. La relatività generale ci dice che la luce viaggia nel vuoto ad una velocità costante pari a 299.792.458 metri al secondo e viene indicata con il simbolo c nelle famose equazioni di Einstein. Ma dove sta il problema?
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La varianza quantistica della velocità della luce
A scuola ci insegnano che la velocità della luce è una grandezza fisica costante e, come sappiamo tutti, il suo valore è di quasi 300.000 Km/sec. Lo stesso Einstein fondò i principi della relatività speciale assumendo come postulato fondamentale l’invarianza della velocità della luce. Oggi, però, alcuni fisici teorici stanno studiando la possibilità che questo limite invalicabile possa essere superato come conseguenza della natura quantistica dello spazio vuoto (post).
La definizione della velocità della luce trova diverse applicazioni nel campo dell’astrofisica e della cosmologia perché, di fatto, si assume che la luce abbia una velocità costante nel tempo. Ad esempio, si parla della velocità della luce quando si eseguono le misure della costante di struttura fine che definisce l’intensità della forza elettromagnetica. Dunque, la variazione della velocità della luce potrebbe avere delle implicazioni importanti sui legami molecolari e sulla densità nucleare della materia. Inoltre, il fatto di avere la velocità della luce variabile nel tempo potrebbe incidere sulle stime della dimensione del nostro Universo. Tutto ciò non implica che un giorno potremmo viaggiare con una velocità superiore a quella della luce poiché gli effetti della teoria della relatività speciale sono una conseguenza della stessa velocità della luce. Il problema che si sono posti i teorici è quello di capire se è possibile misurare, in qualche modo, la velocità della luce partendo dalle proprietà quantistiche dello spazio vuoto. Da qui sono partiti due gruppi di ricercatori che nonostante propongano meccanismi differenti, essi arrivano alla stessa conclusione e cioè che la velocità della luce potrebbe non essere costante nel tempo se vengono modificate alcune assunzioni di base relative al modo con cui le particelle elementari interagiscono con la radiazione. In altre parole, si parte dal presupposto secondo cui lo spazio quantistico non è completamente vuoto ma è riempito di una sorta di “zuppa di particelle virtuali” che improvvisamente appaiono e scompaiono in una piccolissima frazione di secondo.
Nel primo articolo, Marcel Urban dell’Université du Paris-Sud analizza la natura dello spazio vuoto. Le leggi della meccanica quantistica, che descrivono il mondo degli atomi e delle particelle subatomiche, affermano che lo spazio vuoto è popolato di particelle fondamentali, come i quark, chiamate particelle virtuali. Queste particelle elusive, che emergono sempre in coppia con le loro antiparticelle, appaiono e scompaiono quasi immediatamente in un continuo processo di annichilazione tra materia e antimateria. Man mano che attraversano lo spazio, i fotoni, che costituiscono la radiazione, vengono catturati e riemessi dalle particelle virtuali. Urban ed il suo gruppo propongono che le energie delle particelle virtuali, più precisamente la quantità di carica che esse trasportano, possono modificare la velocità della luce. Dato che la quantità di energia che ogni particella virtuale possiede quando interagisce con il fotone è sostanzialmente casuale, questo effetto che si ha sul modo con cui i fotoni si muovono può altresì variare. Di conseguenza, il tempo che la luce impiega per attraversare una certa distanza varierà con la radice quadrata della distanza percorsa sebbene l’effetto sia molto piccolo, cioè dell’ordine di 0,005 femtosecondi per ogni metro quadrato di spazio vuoto (1 femtosecondo=1 milionesimo di miliardesimo di secondo). Ora, per osservare questa minuscola fluttuazione, occorre misurare il modo con cui la luce viene dispersa su distanze molto grandi. Alcuni fenomeni astronomici, come ad esempio i gamma-ray burst, producono degli impulsi energetici di radiazione elettromagnetica che arrivano sulla Terra dopo aver viaggiato per alcuni miliardi di anni-luce. Trovandosi ad enormi distanze cosmologiche, questi lampi di raggi-gamma potrebbero essere ottimi laboratori astrofisici per misurare questo piccolissimo intervallo di tempo. Una tecnica alternativa si basa, invece, sull’utilizzo di un fascio laser che rimbalza varie volte su una serie di specchi, ognuno separati da una distanza di circa 100 metri, allo scopo di determinare una impercettibile variazione della velocità della luce.
Nel secondo articolo, gli autori propongono un meccanismo differente che però porta alla stessa conclusione e cioè che la velocità della luce potrebbe variare nel tempo. Gerd Leuchs e Luis Sánchez-Soto del Max Planck Institute for the Physics of Light in Erlangen partono dal presupposto che la luce è caratterizzata da tutto l’insieme delle specie che compongono le particelle elementari. Gli autori calcolano che ci dovrebbero essere almeno 100 “specie” di particelle che possiedono una carica. Ma il modello standard delle particelle elementari ne identifica molto meno: l’elettrone, il muone, il taone, sei tipi di quark, il fotone ed il bosone W. Esiste una grandezza fisica, chiamata impedenza del vuoto, che dipende dalla permittività elettrica del vuoto, cioè dalla capacità di resistere ai campi elettrici, e dalla sua permeabilità magnetica del vuoto, cioè dalla capacità di resistere ai campi magnetici. Sappiamo che le onde luminose sono costituite sia dai campi elettrici che dai campi magnetici, perciò se modifichiamo la permittività e la permeabilità del vuoto dovute alle particelle virtuali, si potrà misurare una variazione della velocità della luce. In questo modello, l’impedenza del vuoto, che dovrebbe accelerare o rallentare la velocità della luce, dipende dalla densità delle particelle virtuali.
I due gruppi affermano entrambi che la luce interagisce con le coppie virtuali particelle-antiparticelle. Ma alcuni scienziati, come il fisico delle particelle Jay Wacker, rimangono scettici. Wacher non è convinto delle tecniche matematiche che sono state utilizzate dai due gruppi, non solo ma crede anche che esse non siano state applicate nel modo adeguato perciò una tecnica migliore potrebbe essere quella che fa uso dei cosiddetti diagrammi di Feynman. In più, se è vero che esistono molte altre particelle rispetto a quelle già note del modello standard allora la teoria necessita seriamente una revisione. Dobbiamo dire, però, che finora le previsioni del modello standard sono state precise, vedasi in particolare con la scoperta del bosone scalare (post). Certamente, questo non vuol dire che non esistono in natura altre particelle ma se ci sono con ogni probabilità si devono trovare a valori più elevati di energia che sono al momento al di fuori dei limiti strumentali raggiunti dagli acceleratori di particelle ed è quindi possibile che i loro effetti si mostrino altrove. Insomma, al momento non ci sono verifiche sperimentali che supportino queste idee che senza dubbio rimangono molto interessanti dato che potrebbero avere delle serie implicazioni sulle attuali teorie fisiche. Sarei stato curioso di sentire il parere di Einstein in merito.
arXiv (1° articolo): The quantum vacuum as the origin of the speed of light
arXiv (2° articolo): A sum rule for charged elementary particles