
Il fenomeno delle esplosioni stellari è spettacolare e affascinante e proprio come ogni altra esplosione è meglio tenersi a debita distanza. La stella T Pyxidis, che si trova a oltre 3000 anni-luce, nella costellazione Pyxis, si pensava fosse abbastanza lontana al punto che se fosse entrata nella fase finale del ciclo dell’evoluzione stellare per formare una supernova avremmo potuto affermare di essere al sicuro. Secondo Edward Sion, dell’Università di Villanova, T Pyxidis si può considerare un vero e proprio “congegno ad orologeria” e potenzialmente pericolosa per il Sistema Solare se diventerà una supernova. Tuttavia questo richiederà molto tempo che, secondo i nostri parametri di misura della scala temporale, vuol dire tra almeno 10 milioni di anni.
La stella in esame è quella che gli astronomi chiamano una nova ricorrente. La stella, una nana bianca, sta accrescendo gas dalla compagna. Man mano che il materiale si accresce e aumenta attorno alla nana bianca, può succedere, di tanto in tanto, che il processo arrivi al punto in cui si innescano le reazioni di fusione termonucleare nella stella che, di conseguenza, rigetta nello spazio una grande quantità di materia. Nel corso del monitoraggio di T Pyxidis, sono state osservate almeno cinque diversi outburst avvenuti nel 1890, 1902, 1920, 1944 e 1967 con una media di 19 anni. Se la nova ricorrente continua a rigettare materia nello spazio, allora la nana bianca dovrebbe rimanere abbastanza piccola per procedere con la fase della nova ricorrente. Comunque, se gli strati del gas ripetutamente rigettati dalla stella non portano via una quantità sufficiente di materia, allora la stella potrebbe superare il cosiddetto limite di Chandrasekhar, che di 1,4 volte la massa del Sole, e diventare perciò una supernova di tipo Ia, uno degli eventi più catastrofici che si conoscano nell’Universo.
Dunque, secondo i calcoli di Sion, una supernova di tipo Ia che esplode alla distanza a cui si trova T Pyxidis potrebbe avere degli effetti dannosi per il nostro pianeta in termini di una grossa quantità di flusso di raggi-X e raggi-gamma che potrebbe distruggere lo strato protettivo di ozono e lasciare perciò la Terra vulnerabile ai raggi ultravioletti provenienti dal Sole.