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MICRA 2013

The MICRA workshop will bring together researchers in nuclear and neutrino physics, nuclear astrophyiscs, and in numerical modeling of relativistic astrophysical phenomena such as the mergers of neutron stars and core-collapse supernovae.

The overarching goal of the MICRA workshop is to improve the treatment of microscopic physics (neutrino-matter interactions, equations of state, thermonuclear reaction rates) in astrophysical simulations to improve their reliability and predictive power. Multi-messenger signal predictions from simulations will be crucial to interpret observations by the international network of advanced gravitational-wave detectors (to come online around 2015), by current and future neutrino detectors, and by classical astronomical observatories and high-energy satellite missions.

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An INTEGRAL view of the high-energy sky (the first 10 years)

The 9th INTEGRAL workshop “An INTEGRAL view of the high-energy sky (the first 10 years)” will take place from 15 to 19 October 2012 in Paris, Bibliothèque Nationale de France (Bibliothèque François Mitterrand). The workshop will be sponsored by ESA, CNES and other French and European Institutions. During this week, and in particular on 17 October 2012, we will celebrate the 10th anniversary of the launch of the INTEGRAL mission. 

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Dalle onde radio ‘primordiali’ un nuovo metodo per esplorare l’Universo delle origini

L’osservazione delle stelle più vecchie e più distanti, che sono anche quelle più difficili da studiare, ci permette di svelare la storia dell’Universo, la cui età viene stimata in 13,7 miliardi di anni. Tuttavia, oggi gli attuali telescopi possono catturare la luce delle galassie che si sono formate circa 700 milioni di anni dopo il Big Bang e solo nel caso in cui una galassia sia particolarmente brillante o dove in essa avviene un evento colossale e di alta energia, come l’esplosione di una stella.

Un team internazionale di ricercatori dell’Università di Tel Aviv hanno sviluppato un metodo per studiare le galassie e le stelle che si sono formate quando l’Universo era ancora giovane, ossia quando aveva una età di appena 180 milioni di anni. Questo approccio fa uso dei radiotelescopi per analizzare le onde radio emesse dagli atomi di idrogeno che popolavano le epoche primordiali della storia cosmica. Emettendo onde della lunghezza di 21 cm, gli atomi riflettono la radiazione delle stelle e perciò essa può essere rivelata dai radiotelescopi. Secondo il professor Rennan Barkana della TAU’s School of Physics and Astronomy le onde radio esibiscono una proprietà specifica, una sorta di impronta associata alle galassie più vecchie che hanno una dimensione pari a circa un milionesimo di quella delle galassie che osserviamo oggi. Le differenze relative ai moti della materia scura e del gas appartenenti alle epoche primordiali, e che influenzano la formazione delle stelle, producono una determinata fluttuazione nelle onde radio che permette di localizzarle molto facilmente rispetto all’emissione radio più potente proveniente dall’Universo locale. L’intensità di queste onde radio primordiali dipende dalla temperatura del gas e ciò fa sì che si possano creare delle prime mappe celesti relative alla distribuzione nel cielo delle galassie più antiche. Se poi il gas è molto caldo, vuol dire che ci saranno molte stelle e viceversa. Dunque, questo nuovo approccio permetterà di capire ancora meglio le fasi iniziali della storia cosmica in modo da ‘vedere’, per così dire, come appariva l’Universo delle origini in termini della distribuzione di stelle e di galassie. Insomma, si apre una nuova finestra della cosmologia moderna, detta “cosmologia a 21 cm”, che fornirà agli astronomi un nuovo strumento di indagine al fine di esplorare l’ignoto e di illuminare, è il caso di dire, quel periodo enigmatico della storia dell’Universo tra la sua nascita e l’epoca attuale.

ArXiv: The signature of the first stars in atomic hydrogen at redshift 20

VFTS 102, la più vicina super ‘trottola stellare’

Illustrazione artistica della stella VFTS 102 vista da un pianeta.
Credit: NASA, ESA e G. Bacon (STScI)

Osservata nella Grande Nube di Magellano la stella con il più breve periodo di rotazione. La rotazione della stella è talmente elevata che le intense forze centrifughe l’hanno deformata schiacciandola nella direzione dei poli.

E’ nota con la sigla VFTS 102 e si tratta della stella con il più breve periodo di rotazione, circa 100 volte superiore rispetto a quello che caratterizza la nostra stella. Le estreme forze centrifughe hanno talmente deformato la stella schiacciandola in un modo tale da farle assumere una forma allungata. Inoltre, la stella è circondata da un disco di plasma ad elevata temperatura lungo il quale la materia viene dispersa nel mezzo interstellare.

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Illustrazione artistica che mostra la formazione di una stella super veloce.
Credit: STScI

Gli astrofisici ritengono che la rotazione della stella possa essere stata accelerata in seguito all’accrescimento di materia assorbita da una stella compagna parte di un sistema binario che è successivamente esplosa formando una supernova. La stella si trova a circa 160 mila anni-luce nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea.

Un buco nero ‘sfrattato’ dal suo nucleo galattico

L’immagine di Hubble della galassia con l’oggetto misterioso all’interno del cerchio rosso.
Credit: P. Jonker

Uno studio recente su una galassia distante, ha messo in evidenza la presenza di un oggetto misterioso che sarebbe associato ad un buco nero supermassiccio forse espulso dal suo nucleo galattico. Ma si potrebbe trattare di un tipo molto raro di supernova o ancora di un buco nero di dimensioni intermedie, cioè con una massa maggiore rispetto a quella dei buchi neri di tipo stellare e comunque inferiore alla massa dei buchi neri di tipo galattico. “Tutte e tre le ipotesi sono alquanto esotiche e hanno qualcosa di peculiare” spiega Peter Jonker del Netherlands Institute for Space Research a Utrecht. Questa scoperta è il risultato di un lavoro di ricerca che ha lo scopo di trovare i cosiddetti “buchi neri fuori posto” che si ritiene si formino quando due galassie interagiscono (merging) e anziché farlo anche i rispettivi buchi neri, che risiedono nei nuclei galattici, spesso essi possono ricevere, per così dire, una “spinta” dalle interazioni gravitazionali durante il processo di merging che fa sì che uno dei due buchi neri venga “lanciato” fino ad una certa distanza nello spazio intergalattico rispetto al centro stesso della nuova galassia.

Un’altra spiegazione è che l’oggetto sia una supernova molto strana che non conosciamo molto bene e che viene classificata di tipo IIn” spiega Jonker. In generale, le supernovae di tipo II si hanno quando una stella massiccia esaurisce il proprio combustibile nucleare e il suo nucleo collassa. Queste particolari stelle esplose vengono classificate con lettere differenti in base alle caratteristiche spettrali. In questo caso, le supernovae di tipo IIn esibiscono righe spettrali dell’idrogeno molto strette ed emettono una intensa radiazione nella banda dei raggi-X. Queste supernovae sono abbastanza rare e non sono state studiate molto in dettaglio. Un’altra possibilità è che l’oggetto in questione sia un buco nero di massa intermedia il cui valore stimato per la massa è di circa diecimila volte la massa del Sole.

Secondo il professor Avi Loeb, la spiegazione migliore è quella secondo cui l’oggetto misterioso possa essere un tipo diverso di supernova. Tuttavia, mentre l’oggetto sarebbe troppo brillante per essere un buco nero di massa intermedia, appare molto debole per essere un buco nero supermassiccio che sia stato espulso dalle regioni nucleari. Naturalmente, occorreranno ulteriori osservazioni per ottenere maggiori informazioni sulla natura di questo particolare ed enigmatico oggetto celeste.

ArXiv: A bright o -nuclear X-ray source: a type IIn supernova, a bright ULX or a recoiling super-massive black hole in CXO J122518.6+144545

SN 2007bi, una supernova super brillante

La scoperta di una supernova estremamente brillante, incredibilmente duratura, denominata SN 2007bi, sembra essere il primo esempio di stelle super massive che sono inizialmente comparse nell’Universo. La supernova è stata osservata in una galassia nana vicina, cioè una fra tante galassie comuni che sono state studiate poco finora. La scoperta è stata fatta agli inizi del 2007 dal gruppo internazionale Nearby Supernova Factory (SNfactory). Lo spettro era insolito e l’analisi dei dati indicava che la stella precursore dell’evento doveva trattarsi di unagigante avente una massa pari a 200 volte la massa solare e contenente pochi elementi, a parte l’idrogeno e l’elio, insomma una stella decisamente primordiale.

Si è trattato dell’esplosione di una stella super massiccia“, spiega Alex Filippenko del Dipartimento di Astronomia dell’Università della California, a Berkeley, “ma anziché diventare un buco nero il suo nucleo è esploso formando la supernova. Questo comportamento è stato previsto dai teorici molti anni fa ma non era stato osservato in modo convincente fino ad ora“. Il gruppo SNfactory studia principalmente le supernovae di tipo Ia, ossia le famose “candele standard” che vengono utilizzate per lo studio dell’espansione cosmica. Ma SN 2007bi non rientra in questa classe dato che la sua luminosità è almeno 10 volte più brillante. “Il collasso nucleare di questa supernova ricorda quello che caratterizza le nane bianche che formano le supernovae di tipo Ia“, spiega ancora Filippenko, “ma su larga scala e con una potenza estremamente più elevata. In pratica, la parte centrale dell’enorme stella era giunta al ciclo di fusione dell’ossigeno ed era molto calda. A questo punto, il nucleo comincia a collassare e produce una grande quantità di nickel radioattivo il cui successivo decadimento fa brillare il gas spazzato nel mezzo interstellare e mantiene la supernova visibile per lungo tempo“. Stiamo avendo a che fare con un nuovo tipo di esplosioni stellari? Bisogna dire che la supernova SN 2007bi non ha mostrato le righe dell’idrogeno o dell’elio per cui lo schema classico di classificazione la pone nella classe delle supernovae di tipo Ic anche se la sua luminosità è decisamente maggiore. Ad ogni modo, lo studio di queste supernovae, estremamente brillanti, associate a stelle supermassicce, apre una nuova finestra alla cosmologia. Infatti, anche la ricerca di galassie nane, che sono molto deboli e che contengono pochi elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, diventa fondamentale dato che esse si possono considerare veri e propri laboratori fossili per studiare l’Universo primordiale.

T Pyxidis, in attesa della supernova ‘vicina’ alla Terra

Il fenomeno delle esplosioni stellari è spettacolare e affascinante e proprio come ogni altra esplosione è meglio tenersi a debita distanza. La stella T Pyxidis, che si trova a oltre 3000 anni-luce, nella costellazione Pyxis, si pensava fosse abbastanza lontana al punto che se fosse entrata nella fase finale del ciclo dell’evoluzione stellare per formare una supernova avremmo potuto affermare di essere al sicuro. Secondo Edward Sion, dell’Università di Villanova, T Pyxidis si può considerare un vero e proprio “congegno ad orologeria” e potenzialmente pericolosa per il Sistema Solare se diventerà una supernova. Tuttavia questo richiederà molto tempo che, secondo i nostri parametri di misura della scala temporale, vuol dire tra almeno 10 milioni di anni.

La stella in esame è quella che gli astronomi chiamano una nova ricorrente. La stella, una nana bianca, sta accrescendo gas dalla compagna. Man mano che il materiale si accresce e aumenta attorno alla nana bianca, può succedere, di tanto in tanto, che il processo arrivi al punto in cui si innescano le reazioni di fusione termonucleare nella stella che, di conseguenza, rigetta nello spazio una grande quantità di materia. Nel corso del monitoraggio di T Pyxidis, sono state osservate almeno cinque diversi outburst avvenuti nel 1890, 1902, 1920, 1944 e 1967 con una media di 19 anni. Se la nova ricorrente continua a rigettare materia nello spazio, allora la nana bianca dovrebbe rimanere abbastanza piccola per procedere con la fase della nova ricorrente. Comunque, se gli strati del gas ripetutamente rigettati dalla stella non portano via una quantità sufficiente di materia, allora la stella potrebbe superare il cosiddetto limite di Chandrasekhar, che di 1,4 volte la massa del Sole, e diventare perciò una supernova di tipo Ia, uno degli eventi più catastrofici che si conoscano nell’Universo.

Dunque, secondo i calcoli di Sion, una supernova di tipo Ia che esplode alla distanza a cui si trova T Pyxidis potrebbe avere degli effetti dannosi per il nostro pianeta in termini di una grossa quantità di flusso di raggi-X e raggi-gamma che potrebbe distruggere lo strato protettivo di ozono e lasciare perciò la Terra vulnerabile ai raggi ultravioletti provenienti dal Sole.

SN2009bb, una supernova con le caratteristiche di un gamma-ray burst

Per la prima volta, i radioastronomi hanno scoperto una supernova che ha le proprietà simili a quelle di un gamma-ray burst anche se non sono state rivelati raggi-gamma. Le osservazioni, realizzate con il Very Large Array (VLA), mostrano che la materia espulsa dalla supernovaSN2009bb si muove con velocità relativistiche a causa della presenza di un cosiddetto “motore centrale” tipicamente associato alla presenza di un buco nero supermassiccio.

Finora non erano mai state osservate esplosioni di supernovae guidate, per così dire, da un motore centrale“, dice Alicia Soderberg. “La scoperta di questa supernova nella banda radiocostituisce un punto di svolta. Forse la mancanza di raggi gamma è stata dovuta al fatto che l’emissione di alta energia, essendo concentrata all’interno di “coni di radiazione” (beam), non ha puntato verso la nostra direzione e perciò non è stata osservata. Grazie alla configurazione espansa e alla potenzialità del VLA si spera in futuro di rivelare altre supernovae rispetto a quanto potranno fare i satelliti che operano nello spettro delle alte energie” conclude Soderberg.