Quando i fisici annunciarono la scoperta del bosone di Higgs nel 2012 (post), essi dichiararono che il modello standard delle particelle elementari si poteva considerare completo: in altre parole, era stato trovato finalmente il pezzo mancante del puzzle. Tuttavia, molte domande rimangono ancora senza una risposta e una di queste ha a che fare con il numero di Higgs: abbiamo trovato un solo tipo di bosone di Higgs o ce ne sono altri? Continua a leggere Esiste un solo bosone di Higgs?
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Il quark top ‘compie’ 20 anni!
Vent’anni fa, i fisici degli esperimenti CDF e DZero entrambi al Fermilab annunciavano la scoperta di una nuova particella: il quark-top. Con questo risultato monumentale, gli scienziati confermarono l’esistenza dell’ultimo membro del sestetto di quark del modello standard. Continua a leggere Il quark top ‘compie’ 20 anni!
Ancora domande aperte sul quark-top
In un post dello scorso mese di Febbraio, ho pubblicato la notizia relativa ad un metodo trovato dai fisici che lavorano agli esperimenti CDF e DZero presso il Fermi National Accelerator Laboratory che ha permesso di produrre un quark-top attraverso l’interazione debole. Oggi, dopo quasi 20 anni dalla sua scoperta, avvenuta proprio al Fermilab nel 1995, gli scienziati sono ancora interessati alla particella più pesante del modello standard.
Habemus Higgs!
“Nuntio Vobis Gaudium Magnum: Habemus Higgs!” Già, sarebbe il caso di parafrasare una famosa frase ricollegandoci a quanto è avvenuto in questi giorni dato che i media stanno spingendo sempre più la notizia che i fisici abbiano davvero scoperto “il” bosone di Higgs. In realtà, per essere precisi dobbiamo dire che i risultati che emergono dagli esperimenti ATLAS e CMS, presentati al recente meeting di Moriond (post), mostrano con una sufficiente evidenza che la nuova particella sia quasi certamente “un” bosone di Higgs e non “il” bosone di Higgs. È importante sottolineare questa differenza dato che i fisici avranno la necessità di avere più dati per capire quale tipo di bosone di Higgs sia stato osservato. Oggi, comunque, possiamo affermare che stiamo avendo a che fare con un tipo di bosone di Higgs.
La situazione sembra analoga a quella che si ha al Vaticano dove in questo momento esistono due papi: uno in carica diremo che potremmo paragonare al nostro bosone di Higgs ufficiale e uno emerito che potremmo invece associare alla nuova particella annunciata dai fisici nell’estate del 2012 (post). Ora, dato che il papa è unico dunque anche il bosone di Higgs dovrebbe essere unico ed uno solo. Infatti, il Modello Standard prevede l’esistenza di un solo bosone di Higgs e finora le proprietà della nostra particella sono compatibili con quelle del bosone di Higgs del Modello Standard. Tuttavia, potrebbe trattarsi di uno dei 5 tipi di bosoni di Higgs che sono stati postulati dalla supersimmetria, cioè dalla teoria che rappresenta una estensione del Modello Standard e che dovrebbe completare in maniera più adeguata la descrizione della struttura della materia fornendo una possibile spiegazione ad una misteriosa componente che domina il contenuto di materia presente nell’Universo e che per nostra ignoranza chiamiamo materia scura.
Uno dei punti discussi al meeting di Moriond riguarda le previsioni del Modello Standard che attualmente fornisce un quadro coerente della fisica delle particelle come noi la conosciamo oggi. Le equazioni del Modello Standard contengono diversi parametri che sono fortemente correlati. Il gruppo di fisici teorici e sperimentali, denominato Gfitter, hanno raccolto i migliori dati che sono stati ottenuti fino ad oggi per inserire i vari parametri determinati sperimentalmente nelle equazioni del Modello Standard. Questi riguardano le masse delle particelle (quark-top, bosoni W e Z) e diversi parametri di accoppiamento che sono quelli associati al tasso di decadimento in particelle più leggere. Questa tecnica viene chiamata “electroweak fit” dato che si riferisce alla miglior descrizione di tutti i parametri della teoria elettrodebole. Questi fit sono stati utilizzati per determinare la massa del quark-top prima che venisse scoperto nel 1995 al Fermilab. L’accordo tra la previsione del modello e il valore misurato è alquanto significativo come è mostrato nella figura. Il grafico illustra le previsioni relative alla massa del quark-top utilizzando un fit simultaneo di tutti i parametri della teoria elettrodebole. La regione in blu rappresenta le previsioni ottenute dal fit e i punti in nero mostrano il valore misurato dagli esperimenti del Tevatron.
Uno dei parametri nuovi ed essenziali della teoria elettrodebole è la massa del bosone di Higgs. Per diversi anni, uno degli obiettivi più importanti di questo fit è stato quello di derivare la massa della particella al fine di guidare, per così dire, i fisici nella “caccia” a questa particella elusiva. Se guardiamo il grafico, possiamo applicare due ‘trucchi’: o utilizziamo tutti i parametri che sono stati misurati e vediamo quali sono i valori previsti per la massa del bosone di Higgs oppure possiamo assumere che la particella annunciata nel 2012 sia il bosone di Higgs per cui utilizziamo la sua massa per controllare se il modello sia autoconsistente. Lo scopo è quello di vedere se tutto rientra nel quadro teorico o se, invece, il modello inizia a deviare. Entrambe le risposte sono mostrate nella seconda immagine. Il punto dove la curva in grigio tocca l’asse orizzontale fornisce la massa più probabile del bosone di Higgs assumendo tutte le altre limitazioni imposte nel Modello Standard da tutti valori che sono stati inseriti nelle equazioni. La larghezza di questa curva dà l’incertezza sul valore della massa. La risposta che si ottiene è di 94 +25 e -22 GeV in accordo, entro 1,3 sigma, con la massa della nuova particella che è circa 125,7 ± 0,6 GeV. Dunque il fit ci fornisce una previsione consistente per la massa del nuovo bosone scalare. La seconda curva, quella blu più stretta e verticale, mostra la previsione del fit se consideriamo il valore sperimentale della massa del nuovo bosone scalare. Se la teoria ha una sua consistenza, il valore della massa del bosone di Higgs dato dal fit dovrebbe essere in accordo con quello inserito nel modello. E di fatto lo è, con un margine d’incertezza più piccolo, e si trova al di sopra del valore che è stato inserito nel fit. Ciò vuol dire che la parte elettrodebole del Modello Standard possiede una elevata autoconsistenza. C’è solo una probabilità pari al 7% che non si abbia l’accordo tra il dato sperimentale e quello previsto dal modello. La differenza è dovuta principalmente a due parametri e cioè la massa del bosone W ed il cosiddetto parametro dell’asimmetria destra-sinistra misurato nei processi di decadimento del bosone Z in quark-bottom. Riducendo ulteriormente le incertezze sui parametri che sono stati utilizzati per il fit, vedremo alla fine se il Modello Standard presenterà delle deviazioni. Come, però, risulta dalla situazione che abbiamo, tutto sembra essere in ordine anche se il modello acquista sempre meno una certa libertà di azione. Questo vuol dire che tali fit potrebbero rivelare alcuni difetti nel modello.
Gli esperimenti condotti presso i rivelatori ATLAS e CMS hanno controllato non solo il valore della massa ma anche i processi di accoppiamento del nuovo bosone scalare. In tutti i casi dove gli esperimenti hanno una certa sensibilità, si è trovato che gli accoppiamenti sono consistenti con il Modello Standard. Ma la verità potrebbe celarsi nelle cose più piccole. Prendiamo, ad esempio, l’intensità del segnale, una quantità che misura quanti eventi si trovano in diversi canali di decadimento in confronto a quelli che sono previsti dal Modello Standard. Il bosone del Modello Standard dovrebbe essere visibile con una intensità del segnale pari ad 1 in tutti i canali. Se, però, esistono delle particelle non ancora osservate queste potrebbero fornire più opzioni nel modo con cui il bosone di Higgs decade e perciò dovremmo iniziare ad osservare più eventi oppure, se esistono altri bosoni di Higgs, potremmo vedere una intensità inferiore del segnale in qualche canale di decadimento. Tra i nuovi risultati che sono stati presentati al meeting di Moriond, l’esperimento CMS ha riportato i dati relativi al decadimento del bosone di Higgs in due fotoni (vedi figura) mentre ATLAS ha osservato il decadimento del bosone di Higgs in una coppia di bosoni W. I dati riportati dai due esperimenti sono: 0.78±0.27 per l’analisi generale e 1.11±0.31 per il doppio controllo secondo il rivelatore CMS; 1.0±0.3 nel canale WW e 1.30±0.21 per tutti canali combinati secondo il rivelatore ATLAS. Dunque, possiamo concludere che i dati sono in ragionevole accordo con il valore 1 come previsto dal Modello Standard. I valori che si differenziano dall’unità possono essere dovuti a fluttuazioni statistiche oppure implicati da una nuova fisica (post). Naturalmente occorreranno più dati per poter definire meglio di che cosa si sta parlando. Insomma, siamo sulla buona strada ma il percorso da fare è ancora lungo. Oggi, però, possiamo dire che abbiamo a che fare con “un” bosone di Higgs, ma non sappiamo con certezza quale è tra i cinque previsti dalla supersimmetria.
L’intervento di Fabiola Gianotti al Rencontres de Physique de la Vallée d’Aoste del 28/02/2013
La massa del bosone di Higgs e la fine dell’Universo
Il 21 dicembre 2012 doveva essere la data della fine del mondo (post). Oggi, ancora peggio, le notizie non sono confortanti nel senso che la fine del mondo non si limiterebbe al nostro pianeta bensì all’intero Universo.
Queste conclusioni derivano dalle recenti misure della massa della nuova particella osservata all’LHC (post). Prima, però, concentriamoci sui cosiddetti stati metastabili che sono temporaneamente stabili. Di cosa si tratta? Facciamo un esempio. Immaginiamo, per un attimo, di essere ad una festa con un gruppo numeroso di amici. Si sta facendo tardi e non c’è abbastanza cibo da soddisfare tutti. Occorrerà, perciò, ordinare delle pizze o, alternativamente, andare in un ristorante. Questa situazione determina uno stato di energia metastabile poiché non siamo sicuri in quale direzione andremo in funzione della decisione che sarà presa. Le opzioni del cibo rappresentano tutte stati di minima energia, in qualche modo tutti si siederanno e mangeranno nell’uno o nell’altro caso, per cui le cose alla fine tendono in maniera naturale verso stati di minima energia. Una volta che una persona se ne va o ordina la pizza, la festa finisce: cioè ognuno va a prendersi del cibo. Ma cosa c’entra tutto ciò con la fine dell’Universo? Secondo la meccanica quantistica, è possibile che lo stato di minima energia del nostro Universo, quando non c’è più nulla ma solamente lo spazio e il tempo, non è lo stato più basso di energia rispetto a tutti gli stati possibili. In altre parole, esisterà uno stato ancora di minima energia nel quale il nostro Universo può andare. Ma nello stato di minima energia, tutti i protoni di tutta la materia presente nell’Universo decadono, con la sfortunata conseguenza che noi stessi cessiamo di esistere. Ancora peggio, la transizione potrebbe accadere in qualsiasi momento, in qualsiasi punto nello spazio ed espandersi alla velocità della luce partendo da una bolla molto piccola fino a che essa non annichila con l’intero Universo. Questa idea è stata esaminata di recente all’interno del contesto del Modello Standard, il quadro più moderno della teoria quantistica che descrive le proprietà delle particelle subatomiche e le interazioni fondamentali. Una serie di calcoli molto accurati indicano che la stabilità del nostro Universo è strettamente legata alla massa del bosone di Higgs, e a quella del quark top, un parametro che, grazie agli sforzi del grande collisore adronico, ha oggi un valore di circa 125 GeV. È la conclusione di questa analisi che ha scatenato i media: il Modello Standard prevede che affinchè il nostro Universo si mantenga stabile, la massa del bosone di Higgs deve essere maggiore di 129,4 ± 5,6 GeV. Dunque la fine dell’Universo sarebbe insignificante almeno in termini delle unità di tempo a cui sono abituati i cosmologi i cui valori sono dell’ordine di miliardi di triliardi di anni. Come sempre, ci sono delle obiezioni alle conclusioni non favorevoli. Il punto principale è che il Modello Standard non fornisce una descrizione completa del nostro Universo. Intanto, non include la gravità, le masse del neutrino che sono state osservate sperimentalmente e non dà alcuna spiegazione dell’elusiva materia scura. Queste problematiche hanno portato i teorici a costruire tutta una serie di modelli che sono estensioni del Modello Standard e che introducono nuovi stati della materia. Quello che è importante è il fatto che questi ulteriori stati della materia possono facilmente modificare le conclusioni sulla stabilità dell’Universo. Ad esempio, in quei modelli nei quali ci sono due campi di Higgs, le interazioni tra questi campi possono portare a un insieme di stati di energia diverso da quello previsto dal Modello Standard. Insomma, se l’Universo contiene davvero diversi campi di Higgs, esistono comunque delle indicazioni dai dati raccolti dagli esperimenti condotti presso LHC per cui risulta molto improbabile che viviamo oggi in uno stato metastabile e perciò possiamo concludere che al momento siamo al sicuro.
The Conversation: Could the Higgs mass determine the end of the universe?
Dalla fisica delle particelle il probabile vincitore del Nobel per la Fisica 2012
Nel corso dell’ultimo mese, il Joint Quantum Institute (JQI) si è fatto promotore di un sondaggio per conoscere il parere degli esperti in merito al vincitore del Nobel per la Fisica di quest’anno. Il sondaggio offre 14 tematiche e una lista di probabili candidati. Certamente è difficile sapere chi sarà il vincitore del Premio Nobel per la Fisica. Le citazioni, una ricerca eccellente, la teoria verificata in seguito agli esperimenti, lo sforzo di costruire esperimenti sempre più complessi, sono tutti fattori che saranno presi in considerazione dai membri dell’Accademia Svedese da cui sapremo i risultati il prossimo 9 Ottobre.
Per quanto riguarda il sondaggio, le preferenze maggiori sono state attribuite a due argomenti: uno riguarda l’informazione quantistica, ciò che ha a che fare con i cosiddetti quantum bits (qubits), e l’altro riguarda il teletrasporto degli stati quantistici. Al secondo posto sono stati più votati i risultati relativi alla scoperta delle particelle elementari, come il quark top e il quark bottom, e la più recente la scoperta del nuovo bosone scalare che sembra avere delle proprietà consistenti con quelle del bosone di Higgs (vedasi questo post), e la dimostrazione dell’entanglement quantistico. Chi vincerà? Non ci resta quindi che attendere martedì prossimo l’annuncio del vincitore del Nobel per la Fisica 2012.
Maggiori info: Nobelprize.org