Sono passati circa 80 anni da quando gli scienziati si sono resi conto della difficoltà di conciliare la teoria della gravità con la meccanica quantistica e questo tentativo rimane ancora incompiuto. Tuttavia, da qualche decade i fisici hanno provato ad aggirare il problema proponendo due formulazioni ben distinte, e cioè la teoria delle stringhe e la gravità quantistica a loop, che sono considerate ampiamente incompatibili dai rispettivi sostenitori. Oggi, però, alcuni scienziati affermano che l’unica strada da perseguire è quella di unire gli sforzi poichè i due modelli matematici, forse i migliori candidati per una “teoria del tutto”, potrebbero essere in definitiva due facce della stessa medaglia. Continua a leggere Loop vs stringa: due facce della stessa medaglia?
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I buchi bianchi potrebbero emergere da un ‘rimbalzo quantico’
È quanto sostiene uno studio condotto da due fisici secondo i quali i buchi neri potrebbero terminare il loro ciclo vitale trasformandosi nel loro esatto opposto: cioè negli ipotetici ‘buchi bianchi‘, che spazzerebbero nello spazio esterno, e in maniera violenta ed esplosiva, tutta la materia che hanno attratto quando erano buchi neri. Questa ipotesi, che si basa su una teoria ancora speculativa, detta gravità quantistica a loop (Loop Quantum Gravity, LQG), potrebbe risolvere il cosiddetto paradosso della (perdita) d’informazione dei buchi neri, un mistero che dura ormai da molto tempo.
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La strada verso l’unificazione delle due più grandi teorie della fisica moderna
Sung-Sik Lee, un professore associato di fisica del Perimeter Institute, ritiene che uno dei metodi utilizzati per lo studio della materia potrebbe costituire la chiave verso l’unificazione della relatività generale e della meccanica quantistica. Sappiamo che da un lato la relatività generale descrive il moto dei pianeti attorno al Sole mentre la meccanica quantistica ci spiega come si muovono gli elettroni attorno al nucleo atomico. Ad oggi, possiamo affermare senza alcun dubbio che entrambe le teorie rappresentano due grandi trionfi della fisica moderna e le loro previsioni sono state varie volte verificate sperimentalmente. Ma c’è un problema: non possiamo utilizzarle insieme.
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Buchi neri, ‘portali’ verso altri universi
Due scienziati, Rodolfo Gambini dell’University of the Republic in Montevideo, Uruguay, e Jorge Pullin della Louisiana State University, hanno applicato la teoria della Loop Quantum Gravity (LQG) al caso di un buco nero di Schwarzschild. Nel loro articolo pubblicato su Physical Review Letters, i due scienziati non trovano una singolarità nel suo centro bensì una sorta di ‘portale’ verso un altro universo.
Il concetto di Big Bang, come l’evento iniziale da cui ha avuto origine il nostro Universo sta ormai passando di moda, anche perché la teoria della relatività generale non è in grado di descrivere ‘ciò che accadde prima della singolarità’ in un punto del tempo appena prima del Big Bang. La teoria suggerisce inoltre che una tale singolarità dovrebbe esistere al centro dei buchi neri ma, di nuovo, la relatività generale viene meno nel descriverla. Ancora peggio, esiste il problema che riguarda il cosiddetto paradosso dell’informazione: in altre parole, cosa succede all’informazione contenuta in un oggetto che cade in un buco nero verso la singolarità? Ad oggi, i cosmologi ‘classici’ non sanno dare una risposta. Dunque, per tentare di risolvere questi problemi, nel 2006 Abhay Ashtekar ed il suo gruppo presso la Pennsylvania State University, formularono una teoria nota come Loop Quantum Gravity (LQG). Essi suggerirono che invece di ammettere l’esistenza di una singolarità poco prima del Big Bang, ci fossero i ‘frammenti’, per così dire, di un universo collassato che esisteva prima del nostro. In altre parole, il nostro Universo non emerse dal nullo con un Big Bang di se stesso, piuttosto esiste un ciclo infinito dove un universo collassa verso un punto molto piccolo per poi esplodere in un Big Bang che, a sua volta, collassa per poi esplodere secondo un processo ciclico, o a “loop” appunto, che va avanti per sempre. Da quel momento, ci si riferisce alla teoria LQG anche con il termine di Big Bounce in sostituzione del termine Big Bang. Nel loro studio, Gambini e Pullin hanno applicato la LQG al caso più semplice di buco nero. Il loro esperimento dimostra che qualsiasi oggetto che viene attirato verso il buco nero non viene compresso fino a raggiungere la singolarità, piuttosto l’oggetto viene ridotto ad una dimensione piccola ma finita per poi essere espulso interamente in un’altra parte dell’Universo o addirittura in un altro universo. Dato che il loro modello funziona molto bene, i due scienziati ritengono che possa funzionare con gli oggetti reali. Se questa teoria si dimostrerà corretta, essa potrebbe un giorno eliminare il paradosso della perdita dell’informazione aprendo così una nuova strada teorica nel considerare i buchi neri come dei veri e propri ‘portali’ verso altri universi.
arXiv: Loop quantization of the Schwarzschild black hole eBook: Enigmi Astrofisici
L’origine dell’Universo secondo la gravità quantistica a loop

Secondo il modello cosmologico standard, l’Universo ebbe origine da una grande esplosione iniziale, il Big Bang, circa 13-14 miliardi di anni fa. Alcuni istanti dopo, l’Universo subì una rapida espansione, nota come inflazione, che diede forma, per così dire, allo spazio cosmico. Durante questo periodo, emersero minuscole fluttuazioni di energia che, successivamente, diedero luogo a tutte quelle strutture cosmiche che oggi possiamo ammirare sottoforma di galassie e ammassi di galassie. Nonostante questo modello sia in grado di descrivere in prima approssimazione l’evoluzione dell’Universo primordiale, nessuno è in grado di spiegare come hanno avuto origine queste fluttuazioni primordiali. Ma di recente, tre fisici avrebbero scoperto la chiave per risolvere questo enigma attraverso la formulazione di una teoria in cui la gravità dovrebbe mostrare lo stesso comportamento bizzarro basato sull’incertezza che regna nel mondo delle particelle subatomiche.
La cosmologia standard, che si basa sulla relatività generale, non è in grado di spiegare l’origine delle fluttuazioni dato che viene meno quando consideriamo scale molto piccole, tipiche del mondo degli atomi. Durante il brevissimo ed infinitesimale intervallo di tempo prima che avesse luogo l’inflazione, noto come era di Planck, l’intero Universo era compresso in una regione di spazio molti ordini di grandezza più piccola di quella che occupa un atomo. Se tentiamo di applicare la relatività a questa situazione, le sue previsioni non hanno più senso fisico dato che portano a valori infiniti della densità di energia. Dunque, per estendere i concetti di Einstein a queste situazioni estreme i ricercatori hanno sviluppato una teoria denominata loop quantum gravity. Sin dagli anni ’80, Abhay Ashtekar, attualmente alla Pennsylvania State University, trasformò in qualche modo le equazioni di Einstein per renderle compatibili nell’ambito della fisica quantistica. Ma ci fu un prezzo da pagare. Infatti, come conseguenza di questa manipolazione matematica si trovò che lo spazio non era più liscio, continuo e regolare, come nel caso del mondo infinitamente grande, ma consisteva di tante unità discrete, denominate loop o anelli, e che la sua struttura microscopica poteva fluttuare contemporaneamente tra tutta una serie di stati multipli. Nel corso degli ultimi anni, i fisici hanno dichiarato che se, e con un grande “se” dato che non abbiamo ancora evidenze sperimentali, la teoria della gravità quantistica a loop si dimostrerà corretta allora il Big Bang dovrebbe essere stato originato da un vero e proprio Big Bounce associato ad un precedente universo che si trovava nella fase di collasso gravitazionale. Oggi, però, Ashtekar e i suoi collaboratori sono convinti che questa tecnica, attraverso la quale è possibile estendere i concetti della relatività generale verso gli istanti primordiali della storia dell’Universo, possa riempire il divario tra il Big Bounce, cioè l’era di Planck, e il momento in cui ha origine l’inflazione non solo ma grazie ad essa è possibile spiegare anche la formazione di tutte quelle fluttuazioni senza le quali non si sarebbero formate nel corso del tempo le strutture cosmiche fino ad arrivare persino a noi stessi. Queste fluttuazioni primordiali sarebbero perciò la naturale conseguenza delle fluttuazioni quantistiche che esistevano già all’epoca del Big Bounce. “I nostri risultati forniscono una estensione autoconsistente dell’inflazione fino alla scala di Planck” dichiara Ashtekar. “Il fatto che la gravità quantistica abbia lasciato oggi una sorta di ‘impronta digitale’ sulle strutture cosmiche è alquanto sorprendente ed elegante” dichiara Jorge Pullin della Louisiana State University, un esperto di gravità quantistica a loop e buchi neri. Neil Turok, direttore del Perimeter Institute for Theoretical Physics in Ontario, afferma invece che i ricercatori hanno bisogno di introdurre tutta una serie di “assunzioni artificiose” per poter procedere indietro nel tempo dal momento in cui avviene l’inflazione fino a epoche più remote. “La gravità quantistica a loop è interessante”, dice Turok, “ma non si tratta ancora di una vera e propria teoria e perciò bisogna stare attenti a non prendere sul serio certe sue predizioni”.
Full story: The missing epoch