
Un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui Gabriel Molina-Terriza della Macquarie University, a Sydney, hanno trovato che i buchi neri in rotazione possono lasciare una sorta di “impronta” sulla radiazione emessa e che viene poi rivelata a terra dai più moderni radiotelescopi. Ciò potrebbe essere di fondamentale importanza sia per comprendere ancora meglio come evolvono in generale le galassie ma anche come test per verificare la teoria generale della relatività.
La teoria della relatività generale ci dice che gli oggetti dotati di massa elevata, come i buchi neri, deformano lo spaziotempo al punto tale che la radiazione viene “piegata”, un fenomeno che dà luogo alla lente gravitazionale. La teoria prevede che un buco nero in rotazione “trascini” lo spaziotempo attorno ad esso, creando una sorta di vortice nel quale tutti gli oggetti fisici, inclusi i fotoni, sono costretti a seguire la rotazione. Gli astronomi hanno già trovato chiare evidenze che nei nuclei galattici attivi risiedono buchi neri supermassicci. Ma si tratta di una considerazione indiretta. Ad esempio, nel caso della Via Lattea, la rotazione del buco nero viene implicata dalla distribuzione delle velocità delle stelle e le misure sono, per così dire, “contaminate” dal fatto che non sappiamo quanta materia, in particolare quanta materia scura è presente nella nostra galassia. Fabrizio Tamburini dell’Università di Padova e colleghi hanno pubblicato i risultati di un lavoro di ricerca dove essi dimostrano come sia possibile rivelare la rotazione del buco nero andando a misurare le variazioni di luminosità associate ad una stella distante o al disco di accrescimento che circonda appunto il buco nero. Utilizzando alcune simulazioni al computer applicate al caso del buco nero della Via Lattea, i ricercatori hanno trovato che queste variazioni di luminosità potrebbero essere rivelate dagli strumenti a terra. Come? Puntando un insieme di radiotelescopi verso il centro della Galassia e poi sommando i vari contributi, ripetendo le osservazioni. Insomma, si tratta di un lavoro di fondamentale importanza, se pensiamo che gli oggetti più massicci dell’Universo possano ruotare, da cui ci aspettiamo di avere maggiori informazioni sull’evoluzione delle galassie.
[Abstract: Twisting of light around rotating black holes]