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I buchi bianchi potrebbero emergere da un ‘rimbalzo quantico’

È quanto sostiene uno studio condotto da due fisici secondo i quali i buchi neri potrebbero terminare il loro ciclo vitale trasformandosi nel loro esatto opposto: cioè negli ipotetici ‘buchi bianchi‘, che spazzerebbero nello spazio esterno, e in maniera violenta ed esplosiva, tutta la materia che hanno attratto quando erano buchi neri. Questa ipotesi, che si basa su una teoria ancora speculativa, detta gravità quantistica a loop (Loop Quantum Gravity, LQG), potrebbe risolvere il cosiddetto paradosso della (perdita) d’informazione dei buchi neri, un mistero che dura ormai da molto tempo.

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L’Universo ‘invecchia’ col RUM

Qualche tempo fa, scrissi un post su HD 140283 che è stata certificata come la stella ‘più vecchia’ dell’Universo, situata a circa 190 anni-luce nella costellazione della Bilancia (post). Quando gli astronomi la datarono inizialmente, essa si rivelò un mistero cosmico: l’oggetto sembrava molto vecchio e venne subito soprannominato “la stella di Matusalemme”. Continua a leggere L’Universo ‘invecchia’ col RUM

Il tempo ‘prima’ del tempo

Uno dei misteri più affascinanti della moderna cosmologia è quello di capire se l’Universo sia stato caratterizzato da uno stato fisico prima del Big Bang . Di solito, si dice che il Big Bang è stato l’inizio del tutto ma, come afferma il cosmologo e teorico Sean Carroll , la risposta è che non lo sappiamo. Carroll ha introdotto nuove ipotesi che considerano l’esistenza del tempo anche prima del Big Bang, presentando teorie alternative su come si è originato l’Universo.

Questa è un’epoca molto interessante per i cosmologi“, dice Carroll, “è una sorta di età dell’oro per l’astronomia ma purtroppo il modello del Big Bang su cui si basa la cosmologia standard non ha molto senso“. In realtà dobbiamo considerare il fatto che quasi il 96% di cui è fatto l’Universo rimane ancora un mistero al punto che sono stati introdotti termini quali materia scura ed energia scura  proprio per significare l’ignoranza da parte degli scienziati che non riescono a spiegare ancora questi problemi. Un’altra sorpresa deriva dai dati del satellite WMAP  (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) che ha esplorato il cielo per realizzare, con maggiori dettagli, una mappa della radiazione cosmica di fondo, l’eco della grande esplosione iniziale. “Quando si analizzano i dati di WMAP“, dice ancora Carroll, “si trova che l’Universo primordiale appare caldo, denso, con stati di bassa entropia e non sappiamo con precisione perché sia così, è un pò come dire che il nostro Universo non ha un aspetto naturale. Ma la cosa sorprendente e certamente singolare“, continua Carroll, “è che ciò che accade nell’Universo sembra andare in una determinata direzione, dal passato al futuro. Questo dato di fatto viene chiamato dai cosmologi freccia del tempo e deriva dalla seconda legge della termodinamica che ha a che fare con l’entropia“. La seconda legge della termodinamica afferma che i sistemi chiusi passano da uno stato di ordine a uno di disordine al trascorrere del tempo, e questa legge è fondamentale per tutti i processi fisici. Infatti, una dei grandi problemi aperti della cosmologia riguarda le condizioni iniziali dell’Universo: come mai il suo stato fisico era caratterizzato da una bassa entropia? Carroll afferma che proprio questo stato di bassa entropia in prossimità del Big Bang è responsabile di ogni processo fisico successivo e influenza la freccia del tempo, la vita, la morte e la memoria. Insomma, gli eventi accadono con una determinata sequenza temporale e non possono essere invertiti. “Ogni volta che si rompe una tazzina di caffè o si spacca un bicchiere di vetro, si fa cosmologia osservativa“, spiega Carroll. Dunque per rispondere alle domande che riguardano l’origine dell’Universo e la freccia del tempo, dobbiamo prendere in considerazione lo stato fisico dell’Universo prima del Big Bang. “Vogliamo una storia dell’Universo che abbia senso“, continua Carroll, “perché quando incontriamo delle cose che appaiono sorprendenti quello che facciamo è andare a svelare il meccanismo che si cela al di sotto dei processi fisici che poi ci fa comprendere come realmente funzionano le cose“. Di fatto, le attuali teorie non ci permettono di risolvere il mistero dello stato di bassa entropia. Ad esempio, la teoria della relatività generale ci dice che l’Universo si è originato con una singolarità iniziale e non può dimostrare niente se non dopo il Big Bang. Il modello inflazionario, che introduce l’ipotesi secondo la quale l’Universo abbia attraversato una fase di rapida espansione esponenziale subito dopo il Big Bang, non ci è d’aiuto perché peggiora il problema dell’entropia. Anche se esistono modelli alternativi, Carroll sembra favorire l’idea del multiverso che dà luogo alla formazione continua di tanti “piccoli” universi. “Il nostro Universo potrebbe non essere il solo che esista perciò se facciamo parte di un multiverso più grande l’entropia totale sarà data dalla somma di quelle che verranno prodotte attraverso la creazione di tanti universi come il nostro“. Infine, analizzando i dati di WMAP, Carroll afferma che l’Universo sembra essere dotato di una sorta di “impronta digitale cosmica” lasciata dalla formazione di fluttuazioni quantistiche nella radiazione cosmica di fondo. In altre parole, le fluttuazioni sembrano avere una intensità dell’ordine del 10% più forte in una parte del cielo che in un’altra, forse un segnale della formazione di nuovi universi? Ad oggi, tutto questo può sembrare pura teoria ma, forse, le misure più accurate della radiazione cosmica di fondo grazie alla missione del satellite Planck  dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), attualmente in corso, potranno riservarci nuove sorprese (vedasi Enigmi Astrofisici).

Sean Carroll è autore di From Eternity to Here e The Particle at the End of the Universe (vedasi questo post).

La meccanica quantistica spiega come può emergere ‘qualcosa’ da un buco nero

Illustrazione del concetto di radiazione di Hawking

La rivista Science sta pubblicando tutta una serie di articoli sullo stato attuale della ricerca scientifica nell’ambito dell’astrofisica dei buchi neri. Alcuni di questi articoli trattano la collisione di due buchi neri, altri descrivono l’interazione di una stella che viene ‘risucchiata’, per così dire, da un buco nero (vedasi questo post), altri ancora riguardano i cosiddetti buchi neri di massa intermedia la cui esistenza sembra sia stata recentemente confermata (vedasi questo post). Tra questi argomenti è da segnalare un interessante contributo da parte del fisico teorico Edward Witten dell’Institute for Advanced Study in Princeton, il quale afferma che uno dei concetti di base dell’astrofisica dei buchi neri, e cioè il fatto che nulla può sfuggire alla sua intensa attrazione gravitazionale, potrebbe essere sbagliato (Edward Witten è uno degli scienziati che sono elencati nella lista dei più fisici viventi che fanno parte del sondaggio che ho recentemente proposto ai lettori).

E’ stata la teoria della relatività generale che ci ha insegnato il fatto che la gravità di un buco nero è così intensa che nulla, nemmeno la luce, è in grado di sfuggire una volta superato il punto di non ritorno, meglio noto come orizzonte degli eventi. Witten afferma che la teoria è valida solo in determinate condizioni poichè essa viola le leggi della termodinamica: in altre parole, se è possibile che esista una azione allora ci sarà sempre una reazione opposta. Nel caso dei buchi neri, ciò vuol dire che se qualcosa può consumarsi allora deve essere vero anche il contrario. Questa idea risale al 1974 quando Stephen Hawking suggerì che alcune particelle quantistiche possono sfuggire da un buco nero ma sono talmente piccole che risulta difficile rivelarle. Questo processo è noto come radiazione Hawking e siamo abbastanza certi che finora nessuno è stato mai in grado di osservarla (vedasi Enigmi Astrofisici). Ora, nonostante sembra esistere una sorta di contraddizione prendendo i due punti di vista, esiste un modo per spiegare le differenze: esso riguarda la percezione e il modo di osservare le cose considerando l’aspetto macroscopico rispetto a quello microscopico e, inoltre, l’utilizzo del concetto di entropia. In altre parole, guardato molto da vicino, un buco nero può lasciar “scappare” una particella o addirittura un atomo intero ma se cambiamo il punto di vista, cioè lo osserviamo nel contesto in cui esso si trova nella vastità dello spazio, avviene il contrario per cui il buco nero prende sempre e non dà indietro nulla. Ecco questo è, secondo Witten, il modo per riconciliare i due punti di vista quando si studiano i buchi neri.

More info: Quantum Mechanics of Black Holes

Il tempo, una ‘freccia’ verso il futuro

Questi sono anni d’oro per la cosmologia moderna perché stiamo acquisendo tutta una serie di informazioni grazie soprattutto all’enorme flusso di dati astronomici che ci arrivano continuamente dagli osservatori terrestri ma soprattutto dai telescopi spaziali. Tuttavia, parafrasando un noto proverbio, potremmo dire che non è tutta la materia che brilla a rappresentare l’Universo osservabile dato che essa costituisce appena il 4% del contenuto materia-energia. Oggi sappiamo, infatti, che circa il 96% dell’Universo è caratterizzato da due componenti dominanti, a cui gli scienziati hanno dato i termini materia scura ed energia scura, di cui ancora ignoriamo la loro vera origine e natura. L’una, la materia scura, funge da scheletro su cui si aggregano le galassie e gli ammassi di galassie mentre l’altra, l’energia scura, permea tutto lo spazio ed esercita una forza di tipo antigravitazionale creando sempre più spazi vuoti. Ma a questi due misteri cosmologici ne dobbiamo aggiungere un altro che è relativo all’asimmetria del tempo, oggi il tema principale di questo articolo. Perché ci ricordiamo il passato e non il futuro? Che relazione ha il tempo con l’entropia del “sistema Universo” e con la gravità? Direi che è arrivato il tempo di fare il punto su questi temi ma per tentare di rispondere a queste domande dobbiamo necessariamente andare alle origini, al momento della singolarità iniziale, il Big Bang, da dove tutto è cominciato, e da dove sono emersi lo spazio, la materia, l’energia e il tempo.

Il modello cosmologico standard rappresenta il quadro migliore che ci permette di descrivere l’evoluzione dell’Universo subito dopo il Big Bang. Secondo questo modello, circa 13,7 miliardi di anni fa una grande esplosione diede origine allo spazio nel quale la materia, inizialmente presente sottoforma di un “plasma primordiale” di particelle e radiazione, si aggregò successivamente, man mano che lo spazio si espandeva e si raffreddava, per formare le prime stelle e le prime galassie dando luogo a tutte quelle strutture che possiamo ammirare oggi. Queste strutture sono “appoggiate”, per così dire, su una sorta di “impalcatura cosmica” costituita dalla cosiddetta materia scura, mentre lo spazio si espande, in maniera accelerata, creando sempre più vuoti grazie all’azione esercitata da una forma di energia misteriosa, chiamata energia scura, che permea tutto lo spazio e la cui densità non sembra diminuire. In tutto ciò c’è qualcosa che non riusciamo a comprendere, un problema cosmologico noto come asimmetria del tempo. E’ noto dalle leggi della fisica che ai livelli più fondamentali i fenomeni fisici non distinguono tra passato e futuro eppure l’Universo “neonato”, caldo, denso ed omogeneo, è completamente diverso da quello di oggi, freddo, diradato ed eterogeneo. Se utilizziamo il linguaggio della termodinamica, possiamo dire che agli inizi l’Universo era ordinato ed è diventato sempre più disordinato nel corso della sua evoluzione. In tal senso, l’asimmetria del tempo, nota anche come “freccia del tempo” che punta dal passato al futuro, rappresenta la caratteristica più bizzarra che i cosmologi non riescono ancora a spiegare del tutto.

Ma allora da dove cominciamo? Proviamo a partire dalle leggi fisiche a noi note e consideriamo una grandezza fisica che abbiamo imparato a studiare sin dal liceo: l’entropia. Di solito per esprimere il concetto della freccia del tempo, i fisici prendono in considerazione il secondo principio della termodinamica che afferma che in un sistema chiuso l’entropia non diminuisce mai. Di fatto, a scuola ci insegnano che l’entropia è la misura del disordine di un sistema fisico ma, per essere più precisi, dobbiamo ricordare che nel 19° secolo Ludwig Boltzmann spiegò l’entropia in termini di distinzione tra il microstato ed il macrostato di un oggetto. In altre parole, ad un particolare macrostato corrispondono tanti microstati diversi, dunque possiamo dire che l’entropia equivale al numero di microstati diversi che corrispondo allo stesso macrostato. Se, ad esempio, immaginiamo di versare latte nel caffè, avremo tantissimi modi di distribuire le molecole in modo tale che latte e caffè siano completamente mescolati e ce ne saranno relativamente pochi tali che il latte sia separato dal caffè. Questo vuol dire allora che la miscela, latte e caffè, avrà una entropia maggiore. Infatti, gli stati ad entropia maggiore risultano molti di più di quelli che hanno una entropia minore semplicemente perché sono più probabili ed è per questo motivo che il latte si mescola al caffè e non succede mai che se ne separi. Qualcuno di voi ha avuto questa seconda esperienza? Credo proprio di no! Ma se aspettassimo un tempo molto lungo tale per cui le molecole si separino spontaneamente dalla miscela forse dovremmo attendere un tempo maggiore rispetto all’età stessa dell’Universo proprio per il fatto che questo processo è statisticamente improbabile. Chi vuole provare? Questi ragionamenti ci portano a concludere che la freccia del tempo descrive la tendenza dei sistemi fisici ad evolvere verso uno dei numerosi stati naturali caratterizzati da una elevata entropia.

Un altro problema che non comprendiamo è il comportamento dell’entropia quando è presente la gravità. Secondo la teoria generale della relatività, la gravità viene spiegata come la distorsione dello spaziotempo che crea attorno a sé un corpo dotato di grande massa. Purtroppo non abbiamo ancora una teoria della gravità su scale atomiche che spieghi in maniera soddisfacente lo spaziotempo. Tuttavia, sappiamo, approssimativamente, come evolve l’entropia in presenza della gravità. Nell’esempio precedente della tazzina di caffè, dove la gravità si può considerare trascurabile, la distribuzione uniforme delle particelle ha una entropia elevata ed il sistema si trova in equilibrio. Anche se le particelle vengono rimescolate, esse sono già mescolate a sufficienza ed in maniera omogenea che da un punto di vista macroscopico non sembra accadere nulla. Se, invece, la gravità diventa importante allora una distribuzione omogenea avrà una entropia più bassa per un determinato volume fissato. In questo caso, il sistema non è in equilibrio. Dunque sappiamo che la gravità fa si che le particelle si aggreghino per formare strutture complesse come pianeti, stelle, galassie e l’entropia aumenta di conseguenza in accordo con il secondo principio della termodinamica. Oggi sappiamo che lo spazio si espande accelerando grazie all’azione esercitata dall’energia scura che se non diventerà meno densa porterà le galassie sempre più lontane le une dalle altre al punto che esse non saranno più visibili. Insomma, pare che l’Universo diventerà un posto desolato, sempre più vuoto e solo allora si potrà raggiungere lo stato di massima entropia. Solo allora l’Universo raggiungerà l’equilibrio e non succederà più nulla. Ma questo significa che lo spazio vuoto ha sorprendentemente il valore massimo di entropia, è un po’ come dire che la libreria più disordinata è quella più vuota.

Ma torniamo alla parte più strana e cioè alla netta differenza che esiste tra passato e futuro. Crediamo che l’entropia dell’Universo alle origini sia stata estremamente bassa, le particelle erano distribuite in maniera omogenea, poi essa ha acquisito un valore medio, man mano che lo spazio ha cominciato ad espandersi, mentre si formavano le strutture irregolari che osserviamo oggi come stelle, galassie e ammassi, per raggiungere alla fine uno stato di massima entropia, quando cioè lo spazio diventerà sempre più vuoto. Ma la domanda rimane: perché il passato deve essere così diverso dal futuro? In realtà non lo sappiamo. Ciò che possiamo dire è che o consideriamo l’asimmetria temporale come una proprietà intrinseca dell’Universo che è impossibile da spiegare oppure dobbiamo ancora capire più in profondità le proprietà dello spazio e del tempo. Alcuni cosmologi hanno tentato di spiegare l’asimmetria del tempo dovuta all’inflazione, il modello introdotto da Alan Guth in base al quale l’Universo appena nato subì improvvisamente una rapida espansione esponenziale che diede “forma”, per così dire, al volume dello spazio spiegando così alcune proprietà osservative come, ad esempio, l’eccezionale uniformità della densità di materia in regioni dello spazio lontane tra loro. Ma questo processo viene invocato come una sorta di trucco per spiegare l’asimmetria temporale.

Un’altra spiegazione dell’asimmetria del tempo è quella di considerare il passato non necessariamente diverso dal futuro. Forse, il passato più distante, come il futuro, è di fatto uno stato caratterizzato da un valore elevato di entropia. Ma se è così, lo stato caldo e denso, cioè l’Universo delle origini, non sarebbe il vero inizio bensì uno stato di transizione tra due fasi della sua storia. Alcuni modelli ipotizzano che l’Universo abbia subito una sorta di “rimbalzo”. Prima di questo evento, lo spazio si stava contraendo e anziché collassare in una singolarità sono intervenuti di proposito alcuni processi fisici, che coinvolgono la gravità quantistica, o la teoria delle stringhe, o le dimensioni extra, o ancora qualche fenomeno di natura esotica, che hanno “salvato” la situazione e l’Universo è riemerso attraverso il Big Bang in tutto ciò che vediamo oggi. Tuttavia, questi modelli cosmologici del rimbalzo non spiegano la freccia del tempo.

Un’altra soluzione all’enigma dell’asimmetria del tempo si basa sull’ipotesi secondo la quale oggi noi vediamo solo una piccola zona della situazione complessiva il cui paesaggio più vasto è completamente simmetrico rispetto al tempo. In questo modello, nello spazio vuoto le fluttuazioni quantistiche in entrambe le direzioni del tempo, passato e futuro, danno luogo a tanti universi neonati, ognuno dei quali è caratterizzato da una freccia del tempo, che a loro volta si svuotano e generano altri universi. Su scale cosmologiche estremamente grandi, un tale tipo di universo apparirebbe statisticamente simmetrico rispetto al tempo. Il concetto di un universo con una freccia del tempo invertita potrebbe sembrare bizzarro e preoccupante. Cosa accadrebbe se incontrassimo un viaggiatore del tempo che proviene da questo tipo di universo: ricorderebbe il futuro? In realtà questo tipo di incontri sono altamente improbabili, dato che stiamo parlando di universi infinitamente lontani, addirittura prima del Big Bang. Tra noi e questi universi, sembra esistere una sorta di “terra di nessuno” dove il tempo non scorre per niente, cioè non esiste la materia e l’entropia non si evolve. Un essere che vivrebbe in questo universo dove la freccia del tempo è diretta verso il passato, non nascerebbe vecchio né morirebbe giovane. Dal suo punto di vista il tempo scorrerebbe in modo convenzionale, il nostro passato sarebbe il suo futuro e viceversa. Comunque sia, possiamo stare tranquilli dato che un incontro di questo tipo è del tutto ipotetico, noi non possiamo certamente raggiungerli nè loro possono raggiungere noi.

Per concludere, forse l’idea della freccia del tempo come caratteristica osservabile del nostro Universo può fornirci degli indizi sulla natura dell’Universo non osservabile. Infatti, se l’Universo osservabile fosse tutto ciò che esiste allora sarebbe impossibile spiegare in maniera naturale la freccia del tempo. Se, però, l’Universo attorno a noi è solo una piccola porzione di un paesaggio più vasto, possiamo avere nuove possibilità di esplorare quello che non riusciamo a vedere oggi. In altre parole, possiamo considerare il nostro orizzonte come un pezzo di un puzzle di un sistema più grande la cui entropia aumenta senza limiti sia verso il passato che verso il futuro.

Sì certo, tutto molto bello, ma come facciamo ad osservare la freccia del tempo? Beh, basta versare del latte in una tazzina di caffè e mescolare, questa azione ci porterà direttamente alle origini dell’Universo e, forse, oltre i suoi confini.

L’Universo si ‘consuma’ ad un ritmo elevato

Se le macchine consumano benzina, le stelle consumano il proprio combustibile nucleare e le galassie finiscono per collassare in buchi neri. L’Universo, e tutto ciò che è in esso presente, si sta gradualmente consumando. Ma quanto velocemente? I ricercatori dell’Università Nazionale Australiana hanno scoperto che l’Universo si consuma con un tasso di circa 30 volte maggiore di quanto precedentemente pensato. I ricercatori hanno calcolato l’entropia dell’Universo in modo da determinare qual è il grado di disordine del sistema fisico. Utilizzando nuovi dati sul numero e sulle dimensioni dei buchi neri, essi hanno trovato che l’Universo possiede un grado di disordine 30 volte maggiore di quanto precedentemente pensato.

Abbiamo considerato il contributo totale all’entropia dovuto alle stelle, alla radiazione stellare, alla radiazione cosmica di fondo e persino alla materia scura. Tuttavia, è l’entropia dei buchi neri supermassicci che domina l’entropia totale dell’Universo. Utilizzando i nuovi dati sul numero e la dimensione dei buchi neri supermassicci, abbiamo trovato che l’entropia dell’Universo osservabile è circa 30 volte più grande di quanto precedentemente calcolato” spiega Chas Egan. “Contrariamente a quanto si crede, ciò che mantiene strutture diverse e complicate, come stelle, galassie, uragani e canguri, ha come effetto quello di aumentare il disordine e l’entropia dell’Universo. Tuttavia, il loro contributo è trascurabile se confrontato con l’entropia dovuta ai buchi neri supermassicci” aggiunge Charley Lineweaver. Questi risultati hanno implicazioni importanti non solo per la vita terrestre ma anche per la vita nell’Universo.

Per quanto ne sappiamo, l’Universo ha cominciato con uno stato di bassa entropia e, in accordo al secondo principio delle termodinamica, l’entropia ha continuato a crescere. Ciò è importante perché la quantità di energia disponibile per la vita dipende anche dal grado di entropia stessa presente nell’Universo. “Vorremmo infatti capire quanta energia sarà ancora disponibile per la formazione e l’evoluzione di possibili forme di vita e dove si cela questa energia. Dunque bisogna calcolare l’entropia dell’Universo ed è quello che abbiamo fatto. Bisogna comunque cercare di capire quanto vicini siamo alla fase di massima entropia, quale è il grado di entropia che si sta producendo e quanto tempo abbiamo ancora a disposizione prima che tutte le eventuali forme di vita presenti nell’Universo arrivino alla fine della loro esistenza” conclude Lineweaver.