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Chandra cattura un ‘mega brillamento’ da Sagittarius A*

Al 225° meeting dell’American Astronomical Society (AAS), che si è svolto la settimana scorsa a Seattle, si è parlato di Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero che risiede nel nucleo della nostra galassia, un oggetto supermassiccio che contiene 4,5 milioni di volte la massa del Sole. Gli scienziati che utilizzano l’osservatorio spaziale Chandra hanno osservato Sgr A* varie volte da quando il telescopio fu lanciato nel 1999. Il gruppo di Daryl Haggard, che ha presentato gli ultimi risultati delle osservazioni nel corso di una conferenza stampa, hanno inizialmente utilizzato il telescopio spaziale per raggi-X al fine di verificare se Sgr A* ha fatto a pezzi una nube di gas, nota come G2 (post).

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G2, la nube di gas ‘sopravvive’ al passaggio ravvicinato con Sgr A*

Qualche mese fa, ho pubblicato un post in cui vengono spiegate alcune ipotesi sulla mancanza di emissione di radiazione che ci si aspettava dall’interazione tra la nube di gas G2 e il buco nero della Via Lattea Sagittarius A* (Sgr A*). Oggi, però, un nuovo studio mostra come la nube G2 sia arrivata ad una distanza di circa 30 miliardi di chilometri dal buco nero sopravvivendo alla sua intensa attrazione gravitazionale. I risultati sono apparsi su Astrophysical Journal Letters.

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Il mistero delle ‘Fermi bubbles’ si infittisce

Gli scienziati del Dipartimento di Energia dell’acceleratore nazionale SLAC di Stanford hanno analizzato i dati relativi a più di quattro anni di osservazioni condotte dal telescopio spaziale Fermi, assieme a quelli di altri esperimenti, al fine di creare un quadro il più dettagliato possibile delle due strutture a forma di “bolle” che si estendono per decine di migliaia di anni-luce dal centro della Via Lattea (post). Le cosiddette “Fermi bubbles“, che sono estremamente brillanti nei raggi-gamma, furono scoperte quattro anni fa da un gruppo di ricercatori di Harvard guidati da Douglas Finkbeiner dopo aver analizzato i dati dello strumento Large Area Telescope (LAT).

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Forti indizi di materia scura ‘leggera’ nel centro galattico

C’è una strana ‘emissione’ nel centro galattico ed esistono forti evidenze che si tratti di materia scura ‘leggera’ che sta per esaurirsi. Allo stesso tempo, alcuni rivelatori sotterranei ultra sensibili stanno cercando degli indizi sull’esistenza di particelle simili. La maggior parte dei teorici ritiene che le WIMPs siano le particelle più probabili che compongono la materia scura e che annichilando, quando collidono, producono una pioggia di radiazione di alta energia. Il telescopio spaziale Fermi sta scandagliando il cielo per rivelare la presenza di eccessi anomali di raggi-gamma che provengono dal centro della Via Lattea e dove ci aspettiamo che sia maggiormente concentrata la materia scura. L’anno scorso, gli scienziati esclusero un segnale attorno a 130 GeV come risultato della collisione di particelle di materia scura. Tuttavia, ne esiste un altro rivelato nel 2010, sempre da Fermi, per cui si calcola un limite alla massa delle particelle candidate attorno a 10 GeV (post).

Quel segnale è stato in parte dibattuto perchè è stato osservato molto vicino al nucleo della nostra galassia, una regione densa di gas ad alta temperatura dove avvengono fenomeni violenti, come la nascita di nuove stelle ed esplosioni stellari in prossimità del buco nero supermassiccio. Inoltre, una possibile spiegazione è stata quella di considerare le pulsar, cioè stelle di neutroni in rapida rotazione, come sorgenti di alta energia. Ora, però, i nuovi dati di Fermi permettono di avere una maggiore chiarezza per affermare che il segnale sia davvero il risultato della presenza di materia scura. Il gruppo di Dan Hooper e Tracy Slatyer dell’Institute for Advanced Study in Princeton hanno trovato che il segnale è talmente distante dal nucleo galattico che risulta improbabile il fatto che i raggi gamma siano prodotti nel caos di quelle regioni. In un altro articolo, Hooper e Slatyer affermano che le pulsar non sono gli oggetti più adatti per spiegare l’emissione di alta energia. Infatti, nessuna delle 37 pulsar di cui è stato analizzato lo spettro producono un segnale equivalente a 10 GeV e nemmeno il loro numero è sufficiente per generare l’eccesso di radiazione misurato. I rivelatori di particelle sotterranei mostrano alcuni indizi sul fatto che sia possibile generare un segnale di 10 GeV. Questi esperimenti hanno lo scopo di misurare la luce ed il calore che vengono emessi quando le particelle di materia scura collidono con i nuclei degli atomi, come il germanio ed il silicio, del rivelatore (post). Alcuni esperimenti, come XENON-10 e XENON-100, escludono un segnale di 10 GeV, anche se alcuni scienziati suggeriscono che questi risultati devono essere rivisti e aggiustati. C’è poi chi ritiene che l’eccesso di raggi-gamma possa provenire da qualche altra regione del cielo, per esempio dalle galassie nane che possiedono una grande quantità di materia scura e non stelle di grande massa, ma ciò renderebbe l’interpretazione stessa dell’esistenza di materia scura un paradigma piuttosto che una curiosità. Dunque, se riuscissimo ad eliminare in qualche modo il cuore della Via Lattea, allora sarebbe molto più facile individuare i raggi-gamma dal processo di annichilazione delle particelle di materia scura. Fermi, e altri telescopi, stanno eseguendo lunghe campagne osservative di galassie nane e poichè sono molto deboli si tratta di un processo che può richiedere diversi anni prima che i dati di queste misure siano disponibili. Oggi, esiste qualche dubbio in merito alla rivelazione diretta perchè le particelle di materia scura che hanno una massa di 10 GeV si trovano all’estremità dell’intervallo di misure che il rivelatore CDMS-II è in grado di osservare. Ciò implica che i tre eventi che sono stati annunciati di recente possano essere puramente rumore. La conferma potrebbe arrivare in maniera indipendente tra qualche mese quando saranno disponibili i primi risultati dell’esperimento LUX (post), che è una versione più grande del rivelatore XENON. LUX è talmente sensibile che se ci sarà qualche particella con una massa compresa nell’intervallo 8-10 GeV allora essa sarà quasi sicuramente osservata, almeno così si spera.

arXiv: Two Emission Mechanisms in the Fermi Bubbles: A Possible Signal of Annihilating Dark Matter
arXiv: Pulsars Cannot Account for the Inner Galaxy's GeV Excess
arXiv: The unbearable lightness of being: CDMS versus XENON
arXiv: Connecting Direct Dark Matter Detection Experiments to Cosmologically Motivated Halo Models

Le strutture galattiche osservate da Fermi potrebbero essere spiegate dalla presenza di materia scura

Gli astrofisici Dan Hooper, del Fermi National Accelerator Laboratory, e Tracy Slatyer, della Princeton University, hanno pubblicato un articolo in cui viene suggerito che i due giganteschi flussi di particelle cariche provenienti dal centro della Via Lattea potrebbero essere in parte dovuti alle collisioni che avvengono tra le particelle di materia scura come risultato della loro annichilazione (post1; post2).

La materia scura è quella componente misteriosa invisibile che rappresenta quasi l’84% di tutta la materia che esiste nell’Universo. Nessuno sa quale sia la sua origine o natura anche se essa esercita i suoi effetti di tipo gravitazionale sulla materia ordinaria. I due ricercatori ritengono che i due flussi di particelle cariche che si dipartono dal centro galattico in direzioni opposte rispetto al piano del disco potrebbero essere attribuiti alle collisioni che avvengono tra le particelle di materia scura determinando la loro annichilazione e la conseguente creazione dei mattoni fondamentali della materia ordinaria attraverso l’emissione di particelle cariche. Note con il termine Fermi bubbles, si tratta di flussi di raggi-gamma che viaggiano a quasi un milione di metri/sec e formano due strutture a forma di lobi nella parte settentrionale e meridionale rispetto al piano del disco galattico. Inoltre, si ritiene che parte di questi raggi-gamma siano associati alla presenza del buco nero supermassiccio che risiede nel nucleo della Via Lattea. Allo stesso modo, parte dei raggi-gamma sono dovuti al materiale che viene spazzato quando si formano le supernovae. Ma presi insieme, le sorgenti che sono state identificate non sono sufficienti a giustificare il flusso osservato. Secondo i due ricercatori, ciò è dovuto al fatto che parte dei raggi-gamma sono dovuti alle particelle che costituiscono la materia scura e che si muovono le une contro le altre interagendo durante il processo. In questo modo, l’interazione dà luogo alla produzione di leptoni del tipo tau (tauoni) e all’emissione di raggi-gamma. Questo modello darebbe perciò credito all’esistenza della materia scura.

ABC Science: Monster bubbles evidence of dark matter?

arXiv: Two Emission Mechanisms in the Fermi Bubbles: A Possible Signal of Annihilating Dark Matter

L’evoluzione dei buchi neri nelle galassie a spirale

Grazie ad uno studio recente, un gruppo di ricercatori guidati da Victor Debattista dell’University of Central Lancashire stanno tentando di risolvere il mistero che riguarda l’evoluzione dei buchi neri. Per molti anni, gli scienziati hanno ipotizzato che la massa dei buchi neri cresce in funzione del merging delle galassie ma oggi tecniche più moderne che si basano sulle simulazioni numeriche mostrano che anche nelle galassie a spirale i buchi neri passano attraverso una fase di evoluzione in termini di variazione e crescita della propria massa.

“Recenti osservazioni realizzate mediante il telescopio spaziale Hubble hanno permesso di rivelare che la maggior parte dei nuclei galattici attivi (AGN) risiedono nelle galassie a disco isolate, un fatto che non è in accordo a quanto ci si aspetta sul fenomeno AGN dato che dovrebbe essere prodotto dall’interazione delle galassie”, spiega Debattista. “Abbiamo sviluppato un test relativo all’evoluzione cosmica dei buchi neri supermassicci (SMBHs) nelle galassie a disco partendo dalla popolazione locale dei SMBHs. Il risultato è che l’evoluzione dei SMBHs nelle spirali è necessaria una volta che il disco galattico si stabilizza”. Con una massa che varia da qualche milione a qualche miliardo di masse solari, i buchi neri che si trovano nei nuclei delle galassie sembrerebbero crescere con un tasso molto più elevato di quanto ci si aspetta. Questi oggetti non sono l’eccezione, anzi rappresentano la norma. Persino il buco nero quiescente della Via Lattea potrebbe crescere in termini di massa molto più rapidamente rispetto a 1 massa solare ogni 3000 anni. Le osservazioni degli anni precedenti hanno mostrato come vari la massa in seguito alle collisioni galattiche e durante questi eventi la temperatura del gas che circonda i buchi neri diventa così elevata che rende il nucleo galattico estremamente luminoso da essere rivelato fino a distanze remote nell’Universo. Queste tecniche che si basano sulle simulazioni numeriche sono state combinate con le attuali osservazioni ottenute mediante il telescopio spaziale Hubble. Esse danno credito alla teoria in base alla quale i buchi neri possono acquisire sufficiente massa persino nelle galassie a spirale considerate ‘quiete’. Come dato di fatto, si pensa che gli AGN presenti in alcune galassie a spirale possano essere più numerosi rispetto a quelli formatesi in seguito al merging. Per rendere questo concetto ancora più affascinante, gli astronomi stanno anticipando un evento che accadrà verso la fine di quest’anno nella nostra galassia, un evento in cui una nube di gas che si trova in prossimità del nucleo della Via Lattea ‘incontrerà’, si fa per dire, il buco nero galattico. Secondo i calcoli, il buco nero dovrebbe guadagnare da questa nube di gas una quantità di materia pari a 15 masse terrestri in un periodo di circa 10 anni. “Le nostre simulazioni mostrano che non possiamo più affermare che i buchi neri nelle galassie a spirale non evolvano in maniera efficiente”, dice Debattista. “Siamo certi che i nostri dati permetteranno di comprendere meglio il modo con cui i buchi neri evolvono nelle diverse galassie”.

University of Central Lancashire: Black holes growing faster than expected

arXiv: Disk Assembly and the M_BH-sigma Relation of Supermassive Black Holes

‘Geyser’ galattici

Grazie ad una serie di osservazioni condotte con il radiotelescopio di 64m presso Parkes in Australia, gli astronomi hanno rivelato ‘mostruosi’ flussi di particelle cariche che vengono emesse dalle regioni centrali della Via Lattea, distribuendosi nello spazio fino a coprire oltre la metà del cielo sopra l’orizzonte. Queste gigantesche strutture corrispondono alle cosiddette “Fermi bubbles” già rivelate dal telescopio spaziale Fermi nel 2010.

Si tratta di enormi flussi di energia, circa un milione di volte superiore a quella emessa da una supernova, che non costituiscono comunque un serio pericolo per il nostro Sistema Solare. La velocità con la quale si propagano è supersonica, pari a circa 1000 Km/sec, e la direzione di propagazione è perpendicolare al piano galattico. Se osserviamo queste strutture nella loro interezza, esse si estendono per circa 50.000 anni-luce verso le regioni più esterne della Galassia, una lunghezza equivalente a circa la metà del diametro della Via Lattea. Questi flussi di energia si manifestano nella banda delle microonde sottoforma di emissione diffusa che era stata già rivelata sia dai satelliti WMAP e Planck ma soprattutto dal telescopio spaziale Fermi nel 2010. Questi tre satelliti non permettono, però, di determinare con certezza la sorgente di energia mentre le recenti osservazioni nella banda radio hanno fornito quegli indizi che stavano cercando da tempo i ricercatori. Tra le varie opzioni che sono state considerate dagli astronomi ne riportiamo due: una riguarda l’ipotesi di una violenta emissione di alta energia di tipo quasar proveniente dal buco nero centrale della Via Lattea; l’altra si basa sull’ipotesi di venti stellari ad altissima temperatura associati a stelle che stanno esplodendo. Le osservazioni suggeriscono che si tratta della seconda ipotesi. Di fatto, i flussi di particelle pare siano dovuti a varie generazioni di stelle presenti nelle regioni più interne della Galassia che si stanno formando e stanno esplodendo, un processo che dura da almeno cento milioni di anni. Per ottenere questi indizi, i ricercatori hanno analizzato i campi magnetici, misurando un parametro caratteristico delle onde radio e cioè la polarizzazione. Questi risultati permettono inoltre di rispondere ad una delle grandi domandi che riguarda la Via Lattea: come fa la nostra galassia a generare e a mantenere il suo campo magnetico?

CSIRO press release: Our Galaxy's "geysers" are towers of power

Nature Letter: Giant magnetized outflows from the centre of the Milky Way

Il ‘rigurgito’ del buco nero della Via Lattea

Il buco nero della Via Lattea emette una quantità di energia molto bassa se paragonata alle sue dimensioni, quasi simile a quella del Sole, nonostante la sua massa sia circa 4 miliardi di volte superiore.

Tuttavia, gli astronomi hanno notato che quasi una volta al giorno, il buco nero entra in azione emettendo un breve burst di radiazione prima di ritornare ad una situazione di normalità. Non è ancora chiaro che cosa stia causando questi flare e gli scienziati stanno cercando di definire il loro andamento periodico in modo da comprendere, in generale, come evolvono i buchi neri supermassicci. Oggi, grazie ad una serie di osservazioni condotte con l’osservatorio per raggi-X Chandra, un gruppo di ricercatori del MIT, dell’Università di Amsterdam e dell’Università del Michigan hanno rivelato l’emissione più luminosa mai osservata da Sagittarius A*. Questo flare è 150 volte più brillante rispetto alla luminosità prodotta dal buco nero in condizioni di normale attività. Gli astronomi lo hanno osservato per più di un ora prima che svanisse e ritengono che sia un segnale caratteristico associato ai buchi neri più evoluti. Insomma, pare che queste improvvise emissioni di alta energia siano legate ad una sorta di ‘rigurgito’ da parte del buco nero che non riesce a consumare, per così dire, quell’eccesso di materia che cade verso il suo centro dal disco di accrescimento. Infine, dobbiamo dire che la fisica che sta alla base di questo fenomeno rimane ancora un mistero che gli scienziati tenteranno di svelare con ulteriori osservazioni. “Stiamo osservando la grande fuga del gas”, spiega Frederick K. Baganoff del MIT Kavli Institute, “si perché la maggior parte del gas sfugge dal buco nero e questo non è ciò che ci aspettiamo”.

[Press release: A burst of activity in the middle of the Milky Way]

arXiv: Chandra-HETGS Observations of the Brightest Flare Seen from Sgr A*

E’ pronta la ‘cena’ del buco nero della Via Lattea

Le immagini riprese nel corso degli ultimi dieci anni con lo strumento NACO del VLT mostrano il moto della nube di gas verso il buco nero galattico. E’ la prima volta che gli astronomi osservano un fenomeno di questo tipo che, secondo i calcoli, culminerà nel 2013.
Credit: ESO/MPE

Un gruppo di astronomi hanno calcolato la traiettoria di collisione di una nube gigantesca di gas che sarà molto vicina al buco nero della nostra galassia verso la metà del 2013. Si tratta di un fenomeno molto raro che permetterà per la prima volta di osservare in azione un buco nero mentre cattura, in tempo reale, la materia che si trova nello spazio circostante.

I prossimi anni saranno davvero fantastici perché avremo la possibilità di osservare questo fenomeno quasi in diretta”, spiega Reinhard Genzel uno dei responsabili delle osservazioni che saranno condotte con il Very Large Telescope dell’ESO. “Man mano che si avvicina al buco nero, la nube di gas sente sempre più la sua influenza gravitazionale e alla fine si frammenterà. Non abbiamo mai osservato un fenomeno del genere”. Le misure effettuate a Giugno del 2012 indicano che la nube di gas si trova a circa 36 ore-luce (ossia 40 mila milioni di chilometri) dal buco nero, dunque ad una distanza estremamente piccola in termini astronomici. Inoltre, ulteriori calcoli mostrano che la velocità del gas è raddoppiata rispetto agli ultimi 7 anni e oggi è dell’ordine di 8 milioni di chilometri all’ora. Si stima poi che la massa della nube di gas è circa tre volte la massa della Terra e che la sua densità è molto più elevata rispetto a quella del gas caldo distribuito sul disco di accrescimento che circonda il buco nero. Data l’enorme forza gravitazionale che eserciterà il buco nero, gli astronomi si aspettano che la nube si allungherà assumendo l’aspetto di uno spaghetto per poi essere distrutta completamente dalle forze di marea. Durante il processo di avvicinamento, ci si aspetta che la nube diventi sempre più calda al punto da emettere raggi-X come risultato dell’interazione con il buco nero. Nonostante godremo lo spettacolo da una distanza di 27 mila anni-luce, gli astronomi sono già pronti a seguire l’evento dal quale si spera di ottenere tutta una serie di nuove informazioni sull’astrofisica dei buchi neri.

Ulteriori info: http://www.youris.com/Environment/Space/A_Black_HoleS_Dinner.kl