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Il nostro Universo potrebbe far parte di un multiverso più grande

E’ stato detto più volte che il nostro Universo potrebbe essere non l’unico ad esistere là fuori ma essere uno dei tanti infiniti universi che compongono quello che viene chiamato il “multiverso”. Nonostante questo concetto possa determinare una certa incredulità, esistono delle motivazioni fisiche che giustificano, per così dire, questa affermazione. Inoltre, dobbiamo dire che non esiste un solo modo per arrivare a questa conclusione perchè altre teorie puntano tutte, e in maniera indipendente, al concetto di multiverso. Molti teorici credono, di fatto, che l’esistenza di altri “universi nascosti” o non visibili è molto più probabile di quanto venga ipotizzato diversamente. Ecco qui di seguito le cinque teorie scientifiche più plausibili che suggeriscono l’esistenza del multiverso.


 Infiniti universi

Illustrazione artistica dello spaziotempo che si estende all’infinito.
Credit: Shutterstock/R.T.Wohlstadter

Gli scienziati non sono sicuri di quale sia la forma dello spaziotempo, anche se con ogni probabilità esso ha una geometria piatta o euclidea, e si estende all’infinito. Ma se il tessuto spaziotemporale si estende indefinitivamente, ci aspettiamo che in qualche punto deve cominciare a replicarsi perché esiste un numero finito di modi con cui le particelle si possono sistemare nello spazio e nel tempo. Dunque, se si guarda abbastanza lontano, in linea teorica dovremmo incontrare un’altra replica di noi stessi o, meglio, infinite repliche di noi stessi. Alcune di queste repliche gemelle faranno esattamente ciò che noi stiamo facendo adesso mentre le altre si comporteranno in maniera completamente diversa. Ora, dato che l’Universo osservabile si estende da quando la radiazione ha cominciato ad apparire e a diffondersi nello spazio circa 13,7 miliardi di anni fa, lo spaziotempo oltre questa distanza può essere considerato come un universo vicino che si è già separato. In questo modo, esisterebbe una moltitudine di universi vicini come una sorta di gigantesco insieme di tasselli (universi) che compongono il puzzle (multiverso).


Universi a bolle  

Illustrazione artistica del concetto di universi-bolla.
Credit: Shutterstock/Victor Habbick

Oltre all’ipotesi degli universi multipli che sono creati dal tessuto dello spaziotempo che si estende in maniera infinita, altri universi potrebbero emergere da quella che viene chiamata la “inflazione eterna”. Il modello dell’inflazione afferma che l’Universo subì una rapida espansione esponenziale subito dopo il Big Bang, aumentando il suo volume di spazio come un palloncino delle feste quando viene gonfiato. L’inflazione eterna, introdotta da Alexander Vilenkin, suggerisce un processo in base al quale in alcune porzioni dello spazio l’inflazione si arresta mentre in altre prosegue e questa situazione dà luogo alla formazione di tanti “universi a bolle” isolati. In questo modo, il nostro Universo, dove l’inflazione si è arrestata permettendo la formazione di stelle e galassie, è come una sorta di piccola bolla cosmica in un immenso oceano di spazio che contiene altri universi-bolla che stanno ancora subendo il processo d’inflazione. In alcuni di questi universi-bolla, le leggi e le costanti della fisica potrebbero essere differenti dalle nostre rendendo così gli altri universi decisamente strani o magari con forme di vita aliena bizzarre.


 Universi paralleli

Illustrazione artistica del concetto di universi-membrana che fluttuano in uno spazio multidimensionale.
Credit: Shutterstock/Sandy MacKenzie

Un’altra idea che emerge dalla teoria delle stringhe si basa sul concetto dei “brana-universi”, cioè universi paralleli che giacciono sulle superfici a 11 dimensioni note come “membrane” o più semplicemente “brane”. Questa teoria è stata introdotta da Paul Steinhardt e Neil Turok come alternativa al modello cosmologico standard al fine di superare il problema della singolarità iniziale del Big Bang. Dunque, secondo la teoria delle stringhe esistono altre dimensioni spaziali nascoste, rispetto alle tre dimensioni spaziali e a quella temporale a cui siamo abituati, che danno luogo a “brane” tridimensionali che fluttuano in uno spazio multidimensionale e dove in ciascuna di esse esiste un determinato universo. Possiamo immaginare che ogni universo-brana sia come una fetta di pane che fluttua in uno spazio multidimensionale assieme a tante altre fette di pane. Queste brane non sono sempre parallele tra loro e perciò, di tanto in tanto, esse collidono causando big bang multipli ognuno dei quali causa la nascita di un nuovo universo.


 Universi figli

Credit: NASA/JPL

La meccanica quantistica, che descrive il mondo degli atomi e delle particelle elementari, suggerisce un altro modo per la formazione degli universi multipli. La teoria descrive il mondo che ci circonda in termini di probabilità e non di certezze perciò le sue equazioni matematiche implicano che tutte le possibili combinazioni di una determinata situazione potranno verificarsi nei rispettivi singoli universi. Ad esempio, se arriviamo ad un incrocio dove possiamo andare a sinistra o a destra, l’Universo in cui viviamo potrebbe dar luogo, secondo la meccanica quantistica, a due “universi-figli”: uno in cui si procede a sinistra e un altro in cui si procede a destra. Inoltre, in ogni universo esiste una nostra copia testimone di ciò che accade dell’una o dell’altra situazione, la quale crede, anche se non correttamente, che la propria realtà sia l’unica che esista.


 Universi matematici

Credit: WGBH Educational Foundation

Gli scienziati hanno a lungo dibattuto sul fatto che la matematica sia semplicemente uno strumento utile per descrivere le leggi fisiche dell’Universo o se essa rappresenti effettivamente la realtà fondamentale per cui le nostre osservazioni dell’Universo siano in definitiva percezioni imperfette della sua vera natura matematica. Se è vero il secondo caso, forse la particolare struttura matematica che sta alla base del nostro Universo non è solamente l’unica opzione e perciò tutte le possibili strutture matematiche possono esistere nei rispettivi singoli universi.


Per maggiori approfondimenti: Enigmi Astrofisici. Dal Big Bang al Multiverso
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L’ipotesi delle ‘bolle cosmiche’ secondo George Ellis

Una delle priorità della moderna cosmologia è lo studio dell’energia scura, quella misteriosa forza che sta determinando una espansione accelerata dell’Universo e di cui gli astronomi ignorano ancora la sua natura. Sebbene siano state avanzate varie ipotesi sulla sua origine, di recente il cosmologo George Ellis, dell’Università di Cape Town, ha proposto uno scenario alternativo secondo il quale l’energia scura sarebbe solo un falso effetto dovuto semplicemente alla nostra speciale posizione che occupiamo all’interno di un gigantesco vuoto cosmico, detto anche ‘bolla cosmica’.

Cominciamo prima a vedere le varie ipotesi che sono state avanzate sull’energia scura. La prima risale al 1917 quando Albert Einstein, per evitare il collasso gravitazionale del suo Universo, aveva introdotto nelle equazioni della relatività generale una proprietà dello spazio aggiungendo un termine, chiamato costante cosmologica, che avrebbe stabilizzato l’effetto della gravità mediante l’azione di una forza repulsiva, una sorta di forza antigravitazionale, che agisse su larga scala permeando tutto lo spazio cosmico. Una seconda ipotesi deriva dalla natura quantistica dello spazio quando consideriamo le scale subatomiche. Qui gli effetti quantistici diventano significativi e può succedere che coppie virtuali di particelle-antiparticelle emergano spontaneamente dal vuoto, esistono per un brevissimo intervallo di tempo e poi scompaiono rapidamente. Questo ci dice che lo spazio vuoto non è effettivamente vuoto. Ora, dato che queste particelle virtuali possono riempire lo spazio con una quantità di energia diversa da zero, si è trovato che tutte le misure e le stime della quantità di energia dello spazio vuoto portano a valori decisamente assurdi che vanno da 55 a 120 ordini di grandezza maggiori dell’energia associata a tutta la materia e alla radiazione presenti nell’Universo osservabile. Ciò implica che se l’energia del vuoto avesse realmente quei valori, tutta la materia presente nell’Universo si disperderebbe istantaneamente. Quale effetto avrebbe una tale costante cosmologica? Se veramente il valore della costante cosmologica fosse davvero grande come previsto dalla teoria dei quanti, lo spazio si espanderebbe così rapidamente che la luce dovuta, ad esempio, ai fotoni che provengono dalla mano non raggiungerebbe mai i nostri occhi. Insomma, una accelerazione di proporzioni epiche potrebbe distruggere qualsiasi cosa, dagli atomi alle galassie, e la fine dell’Universo sarebbe quella di un colossale Big Rip. Un terzo aspetto è stato analizzato da Paul Dirac. Egli riteneva che certe quantità fisiche avrebbero potuto variare con il passare del tempo ed essere perciò o troppo grandi o troppo piccole se misurate oggi. La costante cosmologica potrebbe essere un esempio di questa variabilità temporale, in altre parole potrebbe non essere una costante. Per descrivere questa forma di energia variabile nel tempo, Robert CaldwellRahul Dave Paul Steinhardt hanno introdotto il termine quintessenza, ossia “quinto elemento” dall’idea che avevano gli antichi filosofi greci secondo i quali l’Universo era composto da quattro elementi, aria, acqua, terra e fuoco, più una sostanza effimera che impediva alla Luna e ai pianeti di cadere al centro della sfera celeste. Ma per i cosmologi moderni, il termine quintessenza si riferisce ad un campo quantistico dinamico che causa una repulsione gravitazionale. Secondo questa ipotesi, la costante cosmologica evolve nel tempo e si aggiusta, per così dire, fino ad assumere il valore che possiede oggi, determinando una sorta di “stiramento” dello spaziotempo, come quando un elastico viene appunto tirato, e un aumento di volume dello spazio causando una accelerazione all’espansione dell’Universo che prevale quindi a discapito del campo gravitazionale dovuto alla materia. Ma forse l’energia scura non esiste affatto e quello che misuriamo è solo un effetto locale dovuto al fatto che la nostra posizione nella Galassia si trova in una regione particolare dello spazio. E’ ciò che ha proposto George Ellis secondo il quale ci troviamo in una sorta di “bolla cosmica”, ossia un gigantesco vuoto cosmico dove la densità di materia ivi presente è mediamente inferiore rispetto allo spazio circostante. Ora dato che l’Universo si espande in funzione della quantità di materia che, a sua volta, determina un effetto di attrazione gravitazionale frenando l’espansione dello spazio, si ha che più è vuota una regione dello spazio e meno materia esso contiene per rallentare l’espansione. Dunque il tasso di espansione locale dell’Universo diventerà maggiore che altrove e diminuirà in prossimità dei bordi della bolla dove gli effetti della densità di materia diventano più significativi. Quindi, certe regioni dello spazio si espanderanno con velocità diverse così come succede ai palloncini delle feste che non si gonfiano in maniera uniforme. Sebbene questa ipotesi sia alquanto intrigante, tuttavia alcuni scienziati sembrano scettici in merito all’esistenza di giganteschi vuoti cosmici poiché non si spiegherebbe, per esempio, l’uniformità della radiazione cosmica di fondo per non parlare poi della distribuzione apparentemente uniforme delle galassie. Nel primo caso, affinché la radiazione cosmica sia compatibile con la presenza di una regione vuota, dovremmo assumere un vuoto cosmico sferico e con la Terra al suo centro. Nel secondo caso, invece, le osservazioni con gli attuali strumenti non sono abbastanza profonde da confermare, definitivamente o meno, l’esistenza di un vuoto di dimensioni tali da produrre gli effetti attribuiti all’energia scura. Dunque si spera che i prossimi dati del satellite Planck ci forniranno dei limiti più forti sull’anisotropia della radiazione cosmica di fondo che serviranno per verificare l’esistenza di eventuali bolle cosmiche.

Maggiori info: Idee sull’Universo

Un solo universo o infiniti universi?

Ricollegandomi al precedente post sul tema degli universi multipli, dove ho discusso il concetto di multiverso, volevo segnalare oggi l’interessante libro di Alex VilenkinUn solo mondo o infiniti? Alla ricerca di altri universi, edito da Cortina Raffaello .

Vilenkin è uno dei cosmologi di fama mondiale. Egli ha scritto una lunga serie di articoli che riguardano il modello dell’espansione inflazionistica che si basano sull’idea secondo cui l’Universo potrebbe contenere alcuni difetti topologici dovuti a transizioni di fase, così come vengono descritte dalla teoria delle particelle  e dalla cosmologia quantistica. Oggi il modello inflazionistico mette in risalto una serie di domande quali: Perché lo stato fisico primordiale era così caldo e denso? Come e perché l’Universo si è espanso? Cosa c’era prima del Big Bang? “Il nostro orizzonte cosmico è di 13,7 miliardi di anni-luce e oltre questo orizzonte ci potrebbero essere, forse, altri universi con leggi fisiche completamente diverse dal nostro“, dice Vilenkin. A differenza dei suoi predecessori, egli promuove il concetto d’inflazione eterna e le sue implicazioni che essa determina per il principio antropico. L’idea di Vilenkin è che l’inflazione abbia avuto un inizio ma rimane eterna, producendo in continuazione universi paralleli come vere e proprie “bolle cosmiche”. “Si ritiene che l’inflazione sia quasi terminata nella nostra regione di Universo mentre invece continua in altre regioni dello spaziotempo dando luongo ad un numero infinito di bolle“, aggiunge Vilenkin. Quasi metà del libro è dedicato alla descrizione del modello cosmologico standard e la sua estensione all’espansione inflazionistica. In molti modelli inflazionistici c’è un argomento associato alle fluttuazioni quantistiche di un campo scalare, l’inflatone, per cui ci saranno sempre regioni dello spaziotempo che sono soggette all’inflazione e altre in cui essa non avviene e, in un sottoinsieme di queste, esisteranno universi che hanno proprietà piuttosto simili al nostro Universo. Dunque, date le assunzioni basi della teoria quantistica dei campi, l’inflazione eterna sembra quel processo più ragionevole rispetto ai tanti modelli inflazionistici proposti anche se non è del tutto assodato. Se l’inflazione eterna ha luogo, allora Vilenkin è convinto che esisteranno infinite configurazioni di universi ognuno dei quali saranno caratterizzate da proprie costanti fisiche della natura. Se tutto questo poi sia vero oppure no dipenderà dal modello, dalla natura stessa del campo inflatone e dai dettagli della teoria quantistica della gravità. A tal proposito, Vilenkin affronta una parte del libro dando una breve descrizione della teoria delle stringhe. Ma a mio parere, non ci dobbiamo dimenticare che la Fisica è una disciplina osservativa, basata sul metodo sperimentale. Oggi non siamo in grado di osservare altri big bang o regioni di spazio soggette ad una eventuale inflazione. Se queste esistono, si troveranno comunque al di fuori del nostro orizzonte osservativo, perciò sarà difficile verificare la loro presenza.

Una sequenza di collisioni tra universi multipli

I ‘tracce’ lasciate dalle collisioni che sarebbero avvenute tra ‘bolle cosmiche’. Nell’immagine (in alto a sinistra) una collisione provoca una modulazione di temperatura nella radiazione cosmica di fondo (in alto a destra). La risposta alla collisione dovuta al “blob” è identificata in basso a sinistra le cui modulazioni nella radiazione cosmica di fondo sono simulate dall’algoritmo di calcolo nell’immagine in basso a destra.
Credit: S. M. Feeney

Il miglior modello per descrivere la nascita e l’evoluzione del nostro Universo è noto come modello cosmologico standard, in base al quale lo spazio, il tempo, la materia e l’energia si originarono da una colossale esplosione iniziale, il Big Bang, seguita da un periodo di rapida espansione accelerata, l’inflazione. Forse, questo è stato solo l’inizio ma da qualche tempo gli scienziati si chiedono cosa sia successo prima, insomma quali sono state le condizioni iniziali dalle quali ha avuto origine l’Universo dove viviamo.

Con uno studio recente condotto da un gruppo di ricercatori guidato da Stephen Feeney (articolo scientifico 1articolo scientifico 2), sono stati rivelati nella radiazione cosmica di fondo quattro “tracce” circolari la cui formazione risulta statisticamente improbabile. I ricercatori ritengono che queste “impronte” possano essere associate a quattro interazioni che il nostro Universo avrebbe avuto nel passato con altri universi. Se ciò si dimostrerà vero, potrebbe essere la prima evidenza che i multiversi sono una realtà. L’idea che esistano tanti universi non è nuova dato che gli scienziati hanno già suggerito che viviamo in una sorta di multiverso che consiste di infiniti universi. Il concetto di multiverso nasce dall’idea della cosiddetta ‘inflazione eterna’ in cui parti diverse dello spazio sono soggette a diverse fasi inflazionarie creando un insieme di “bolle cosmiche” ognuna delle quali rappresenta un universo caratterizzato da proprie leggi fisiche. Come suggerisce il termine, l’inflazione eterna avviene infinite volte, crea infiniti universi che danno luogo al multiverso. Questi infiniti universi vengono chiamati “universi a bolle” anche se hanno forme non esattamente rotonde o circolari, e possono muoversi facendo sì che, di tanto in tanto, accadano delle collisioni con altre bolle cosmiche. Queste collisioni producono delle increspature all’interno dell’universo bolla e possono apparire come “tracce” nella radiazione cosmica di fondo, anche se queste idee devono comunque essere verificate sperimentalmente.

Gli scienziati sperano che la ricerca di queste collisioni delle bolle cosmiche fornisca degli indizi sulla storia dell’Universo a prescindere dal fatto che esse siano, o meno, reali. Comunque sia, l’assenza di queste tracce nella radiazione cosmica di fondo implicherebbe porre limiti più stringenti ai modelli che si basano sull’inflazione eterna. Se poi si dimostrerà il contrario, avremo acquisito non solo nuove informazioni sul nostro Universo ma addirittura sull’esistenza di un possibile multiverso.

ArXiv 1: First Observational Tests of Eternal Inflation

ArXiv 2: First Observational Tests of Eternal In ation: Analysis Methods and WMAP 7-Year Results