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Nuovi indizi sul processo di produzione dei fotoni nelle collisioni di alta energia

Sappiamo che il nucleo dell’atomo è composto da protoni e neutroni che, a loro volta, sono costituiti da particelle più elementari chiamate quark e gluoni. Osservare queste particelle elementari è alquanto complicato e allora i fisici utilizzano i grandi acceleratori per far scontrare gli atomi alla velocità della luce e vedere cosa accade durante le collisioni ad alta energia.

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Un modello cosmologico alternativo all’inflazione

Black HoleIl nostro Universo potrebbe esistere all’interno di un buco nero. Nonostante questa ipotesi possa sembrare alquanto strana, non lo è, invece, per il fisico teorico Nikodem Poplawski. La sua idea potrebbe rappresentare il quadro migliore per spiegare l’origine dell’Universo e tutta la realtà fisica che ci circonda.

Il modello cosmologico standard, che descrive l’evoluzione del nostro Universo, lascia alcune domande aperte dato che implicano l’origine dello spazio e del tempo da una singolarità iniziale, cioè una regione infinitamente piccola che contiene una concentrazione infinitamente grande di materia, che poi si è espansa nello spazio, in seguito all’inflazione, fino a raggiungere le dimensioni che osserviamo oggi. Il modello inflazionistico, che suggerisce un periodo di rapida espansione esponenziale, soddisfa alcuni dettagli importanti, come ad esempio l’aggregazione e la concentrazione della materia primordiale da cui si sono formate successivamente le strutture quali galassie e ammassi di galassie. Nonostante ciò, gli scienziati devono ancora rispondere ad alcune domande: Che cosa ha dato il via al Big Bang? Che cosa ha fatto terminare il periodo dell’inflazione? Qual è la sorgente della misteriosa energia scura che sembra causare una accelerazione all’espansione dello spazio? L’idea che il nostro Universo possa essere interamente ‘contenuto’ in un buco nero fornisce le risposte a queste domande e a molte altre. Intanto viene eliminata la nozione di singolarità e l’idea Poplawski si basa sulle due teorie fondamentali che abbiamo al momento a disposizione: la relatività generale e la meccanica quantistica. La relatività generale è la teoria più moderna della gravità che viene descritta come la curvatura dello spaziotempo prodotta da un corpo celeste di grande massa. In essa tutti gli oggetti si muovono seguendo traiettorie ellittiche (come le orbite dei pianeti, delle comete o degli asteroidi) e la stessa radiazione ne viene influenzata attraverso la deflessione dei raggi luminosi (lente gravitazionale). La relatività generale descrive l’Universo su larga scala e qualsiasi evento viene descritto come un punto nello spaziotempo. La meccanica quantistica descrive, invece, il mondo degli atomi e delle particelle. Le due teorie sono, al momento, come due famiglie separate che vivono nella stessa casa e non si parlano. Infatti, uno degli obiettivi principali dei teorici è proprio quello di  trovare un punto d’incontro in modo tale da unificare le due teorie in una unica descrizione (gravità quantistica) per spiegare in maniera adeguata tutta una serie di fenomeni, inclusi il comportamento delle particelle elementari in prossimità dei buchi neri (vedasi Idee sull’Universo). Negli anni ’60, alcuni teorici introdussero una serie di modifiche alla relatività generale tenendo conto degli effetti descritti dalla meccanica quantistica: questa formulazione matematica è stata chiamata la teoria della gravità Einstein-Cartan-Sciama-Kibble. Questo modello non solo fornisce un passo importante verso una teoria quantistica della gravità ma porta ad un quadro alternativo del nostro Universo. Le modifiche introdotte nella teoria di Einstein incorporano una importante proprietà quantistica chiamata spin. Le particelle come gli elettroni hanno uno spin proprio, cioè un momento angolare intrinseco analogo a quello di un pattinatore sul ghiaccio. Ora, lo spin delle particelle interagisce con lo spaziotempo e ne determina una proprietà chiamata torsione. A sua volta, la torsione dello spaziotempo può determinare effetti significativi solo durante le epoche primordiali dell’Universo o nei buchi neri. In queste condizioni estreme, la torsione dello spaziotempo si può manifestare come una forza di natura repulsiva che si oppone alla forza gravitazionale attrattiva dovuta alla curvatura dello spaziotempo. Come descritto nella versione originale della relatività generale, stelle di grande massa possono collassare in un buco nero che dà luogo ad una regione dello spazio dove nulla, nemmeno la luce, è in grado di sfuggire alla sua intensa attrazione gravitazionale. Ecco allora come l’effetto della torsione potrebbe agire durante le fasi primordiali della storia dell’Universo all’interno di un buco nero. Inizialmente, l’attrazione gravitazionale tra le particelle supera le forze repulsive dovute alla torsione, determinando il collasso gravitazionale della materia in una piccolissima regione di spazio. Tuttavia, alla fine del processo, l’effetto della torsione diventa maggiore e fa sì che la materia non diventi estremamente compressa in un punto di densità infinita. Nonostante ciò, la materia può essere ancora compressa in uno stato a densità elevata. Inoltre, l’immensa energia gravitazionale concentrata in questo stato fisico determina la produzione di particelle dato che, secondo l’equazione di Einstein E=mc2, l’energia può essere convertita in materia. Una delle conseguenze di questo processo è l’incremento della massa del buco nero. Il numero via via crescente di particelle dotate di spin risulta nella formazione di livelli di torsione dello spaziotempo sempre più elevati. La torsione repulsiva ferma il collasso gravitazionale e crea un big bounce, cioè un rimbalzo come quello che avviene in un pallone compresso. Il rapido rinculo, che segue dopo il rimbalzo, è ciò che determina l’espansione dello spazio. Il risultato di questo rinculo è in accordo con le osservazioni della forma, della geometria e della distribuzione di materia nell’Universo. In più, il meccanismo della torsione suggerisce uno scenario interessante: ogni buco nero produce un nuovo universo. Se ciò è vero, allora la materia primordiale del nostro Universo deve essere arrivata da qualche altra parte. Dunque, il nostro Universo potrebbe essere la parte interna di un buco nero che esiste in un altro universo. Per cui così come noi non siamo in grado di vedere ciò che avviene all’interno di un buco nero, allo stesso modo qualsiasi osservatore che si trova nell’altro universo non sarà in grado di vedere cosa succede nel nostro. Il moto della materia lungo l’orizzonte degli eventi avviene solo in una direzione e ciò dà al tempo una direzione privilegiata che noi percepiamo come un movimento in avanti, cioè dal passato al futuro. In questo modo, la freccia del tempo del nostro Universo viene, per così dire, ereditata attraverso la torsione dall’altro universo ‘madre’ da cui discende. La torsione può inoltre spiegare l’asimmetria barionica tra materia e antimateria nel nostro Universo che rappresenta ancora uno dei grandi misteri della cosmologia (vedasi Enigmi Astrofisici). A causa della torsione, la materia si trasforma nelle particelle a noi familiari, quali elettroni e quark, mentre l’antimateria si trasforma, invece, in materia scura, quella componente misteriosa che costituisce il 23% circa del contenuto materia-energia del nostro Universo. Infine, la stessa torsione potrebbe essere la sorgente dell’energia scura, quell’altra componente enigmatica dominante che costituisce il 73% circa del contenuto materia-energia dell’Universo e che permea tutto lo spazio causando una accelerazione dell’espansione. La geometria con un effetto di torsione produce in maniera naturale una costante cosmologica che rappresenta una sorta di forza aggiuntiva per spiegare nella maniera più semplice gli effetti dell’energia scura. In questo modo, l’espansione accelerata dell’Universo potrebbe terminare essendo l’evidenza più forte degli effetti dovuti alla torsione.

Per riepilogare, questo meccanismo di torsione fornisce un quadro teorico per uno scenario in cui la parte interna di un buco nero rappresenta un nuovo universo. Esso diventa anche una specie di rimedio ai maggiori problemi della cosmologia e delle varie teorie della gravità. Oggi, forse, i fisici hanno bisogno di combinare completamente la teoria della gravità di Einstein-Cartan-Sciama-Kibble con la meccanica quantistica in una teoria quantistica della gravità. Se, però, vengono superati alcuni problemi naturalmente emergono altre domande tipo: Che cosa sappiamo del buco nero all’interno del quale risiede il nostro Universo? Quanti altri universi esistono al di fuori del buco nero? Come facciamo a verificare che il nostro Universo esiste effettivamente all’interno di un buco nero? A quest’ultima domanda possiamo rispondere in questo modo: dato che tutte le stelle così come i buchi neri ruotano, il nostro Universo può aver ereditato una sorta di “direzione preferenziale” data dall’asse di rotazione del buco nero da cui discende. Di fatto, esiste una recente evidenza da uno studio relativo ad una survey di 15 mila galassie in cui si osserva che esistono più galassie a spirale che ruotano in senso antiorario in un emisfero mentre nell’altro emisfero esistono più galassie a spirale che ruotano nel verso opposto (post). Per concludere, secondo Poplawski tener conto degli effetti della torsione nella geometria dello spaziotempo rappresenta un passo fondamentale verso la formulazione di una nuova teoria cosmologica.

arXiv: Cosmology With Torsion - An Alternative To Cosmic Inflation

Un ‘sondaggio’ su alcuni principi fondamentali della meccanica quantistica

Tre fisici, Maximilian SchlosshauerJohannes KoflerAnton Zeilinger hanno pubblicato un articolo in cui descrivono i risultati di un sondaggio che è stato proposto in occasione del meeting Quantum Physics and the Nature of Reality tenutosi in Austria nel Luglio del 2011. Lo scopo del sondaggio era quello di vedere quanto accordo c’è, o meno, nella comunità dei fisici in relazione ad alcune questioni fondamentali della meccanica quantistica. Sorprendentemente, i risultati indicano che non esiste un buon consenso nell’ambito di alcuni principi fondamentali.

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La meccanica quantistica è la miglior teoria che descrive il mondo degli atomi. Le sue basi risalgono a quasi un secolo fa quando Albert Einstein e Niels Bohr svilupparono una serie di modelli e di teorie che avevano lo scopo di comprendere se le particelle esistessero in certe posizioni e in certi istanti di tempo o se, invece, si muovessero costantemente nello spazio con una probabilità di essere osservate in una determinata posizione ad un certo istante di tempo. La seconda idea portò Bohr a concludere che se questo fosse stato il caso allora l’Universo è un luogo in cui regna l’indeterminazione e perciò le sue fondamenta sono di tipo probabilistico. Einstein, riluttante a questa idea terribile, rispose con la sua famosa frase “Dio non gioca a dadi”. Oggi, quasi un secolo dopo, i fisici moderni sono ancora divisi. Di fatto, il sondaggio mostra che il 42% è d’accordo con Bohr mentre il resto è suddiviso tra varie teorie. Ma la cosa più sorprendente di tutte è che il 64% di tutti coloro che hanno risposto alle domande concordano sul fatto che la visione dell’Universo secondo Einstein è sbagliata. Inoltre, un altro tema del sondaggio verteva sul fatto se gli oggetti quantistici conservano le stesse proprietà fisiche così come quando essi vengono osservati. Più del 50% hanno risposto di si. Insomma, se ci basiamo su questi risultati pare che Richard Feynman avesse ragione quando una volta rispondendo a un giornalista dichiarò: “Se qualcuno ritiene di comprendere la teoria dei quanti o è un bugiardo o è un pazzo”.

arXiv: A Snapshot of Foundational Attitudes Toward Quantum Mechanics

International Symposium on Frontiers in Radio Astronomy 2012

International Symposium on Frontiers in Radio Astronomy 2012 – We are excited to announce the first international science symposium “Frontiers in Radio Astronomy” to be held in Guiyang, China between Oct 29th and Nov 3rd.   Continua a leggere International Symposium on Frontiers in Radio Astronomy 2012

L’isotopo più importante per l’origine della vita

E’ a tutti noto che sin dalla sua nascita, l’Universo si sta espandendo e continua ad evolversi formando strutture sempre più complesse a partire dalle particelle elementari. Oggi, un gruppo di fisici teorici hanno ottenuto nuovi indizi in merito ad una reazione nucleare che risulta di fondamentale importanza per l’origine della vita come noi la conosciamo.

Noto come processo 3-alpha, questa reazione nucleare è responsabile dell’abbondanza dell’elemento carbonio presente nell’Universo. Per diversi anni, il meccanismo fisico mediante il quale le stelle emettono luce è stato compreso attraverso un processo a due fasi. Di recente, alcuni fisici hanno rivisto questo processo per analizzare il meccanismo più da vicino dietro il quale si cela la presenza dell’isotopo più importante per la vita: il carbonio-12. In particolare, gli scienziati si sono trovati ad affrontare un problema relativo al tasso di produzione del carbonio-12 a basse temperature. I calcoli che sono stati ottenuti in precedenza dal gruppo di ricercatori guidato da Kazuyuki Ogata, un professore di fisica nucleare della Kyushu University in Fukuoka nel Giappone, indicano che le stelle evolvono così rapidamente che non riescono a raggiungere la fase di gigante rossa. Ma questo, di fatto, non è vero in quanto lo spazio è pieno di numerosissime stelle che si trovano in questa fase avanzata dell’evoluzione stellare. Dunque c’è un problema probabilmente associato ai metodi utilizzati. Sappiamo che il carbonio è il quarto elemento più abbondante nell’Universo e l’isotopo carbonio-12 è la sua forma più comune. Caratterizzato da 6 protoni e 6 neutroni, questo nucleo molto semplice rappresenta la base di tutta la vita, almeno come noi la conosciamo. Tuttavia, i processi che determinano la formazione di questo isotopo e la sua abbondanza non sono così semplici. Di fatto, una frazione di secondo dopo il Big Bang, i quark e i gluoni si unirono per formare protoni e neutroni. Appena tre minuti più tardi, apparvero i primi nuclei di idrogeno e di elio. Ma deve passare almeno un milione di anni prima che gli elettroni formino atomi neutri e circa duecento milioni di anni affinchè appaiano le prime stelle. All’interno del calderone stellare, i protoni iniziarono a combinarsi in nuclei di elio attraverso una sequenza di reazioni nucleari. Dopo, però, tali processi nucleari ebbero un periodo di arresto. Ad esempio, se aggiungiamo un singolo protone all’atomo di elio, otteniamo litio-5, un isotopo che non esiste in natura. Se due nuclei di elio fondono, si ottiene berillio-8, un altro nucleo che non esiste in accordo alle leggi della fisica nucleare. Chiaramente, le stelle continuarono la loro evoluzione, creando tutti gli elementi possibili che vediamo oggi. Ma allora la domanda è: come è possibile? Questo puzzle ha tenuto impegnati gli scienziati per diversi anni perché se non siamo in grado di spiegare l’abbondanza di carbonio-12, diventa quasi impossibile spiegare come si sia formato l’Universo. La risposta deriva dalla reazione 3-alpha che coinvolge tre nuclei di elio. Nonostante il berillio-8 decada dopo qualche nanosecondo, nel caso in cui la stella sia abbastanza calda, una terza particella alpha si fonde con questo isotopo. E dato che l’energia di un nucleo di berillio-8 sommata all’energia di una particella alpha è quasi equivalente a quella dell’isotopo di carbonio-12, si crea una risonanza del processo nucleare che causa un incremento al tasso di produzione del carbonio-12. Tuttavia, c’è un altro modo per cui le stelle sono in grado di produrre carbonio-12. A basse temperature, quando l’energia non è ancora sufficiente per dar luogo al processo di risonanza, l’isotopo carbonio-12 può essere prodotto attraverso la fusione simultanea di tre particelle alpha. Il gruppo di Kyushu è stato così in grado di ottenere previsioni teoriche più adeguate del tasso di produzione del carbonio-12 che sono in accordo con i modelli precedenti nel caso di temperature elevate. A temperature più basse, i loro risultati suggeriscono un incremento del tasso di produzione del carbonio-12 pari a circa 10 trilioni di volte maggiore rispetto alle stime precedenti. Insomma, i nuovi calcoli permettono ancora l’esistenza delle stelle giganti che sono quindi salve. Ora si spera che in futuro queste previsioni possano fornire nuovi scenari che riguardano alcuni problemi astrofisici ancora irrisolti e che riguardano le stelle novae e le supernovae.

ArXiv: Low-Temperature Triple-Alpha Rate in a Full Three-Body Nuclear Model

L’origine della massa ‘visibile’: la connessione quark-gluoni

Dopo i recenti fatti accaduti al CERN e quello che hanno scritto i media e i blog scientifici possiamo senz’altro affermare che sappiamo ormai tutto su come si origina la massa delle particelle. Infatti, i fisici che lavorano agli esperimenti di LHC hanno presentato i risultati degli esperimenti degli ultimi due anni che suggeriscono l’esistenza di una particella che ha tutte le caratteristiche consistenti con il bosone di Higgs, responsabile del meccanismo che dà origine alla massa (vedasi questo post). Ora, mentre il bosone di Higgs può essere responsabile della massa di alcune particelle fondamentali, i quark presi da soli non tengono conto della maggior parte della materia visibile nell’Universo.

Per capire cosa tiene insieme queste forme visibili della materia, dalle stelle ai pianeti fino agli esseri umani, dobbiamo capire come interagiscono i quark e i gluoni. Si tratta del tema principale che è stato di recente presentato al congresso Quark Matter 2012. “Stiamo studiando il 99% della massa visibile nell’Universo e che non è spiegata dal bosone di Higgs” spiega Peter Steinberg del Department of Energy’s presso il Brookhaven National Laboratory. La materia visibile è composta da atomi la cui massa deriva dai protoni e dai neutroni che costituiscono il nucleo atomico. Gli elettroni che orbitano attorno al nucleo non contribuiscono praticamente a nulla. I protoni assieme ai neutroni sono composti da una tripletta di quark e sono molto più massicci rispetto alla somma delle masse dei singoli costituenti. Ma allora da dove proviene tutto questo eccesso di massa? I fisici credono che la risposta sia data dal modo con cui i quark interagiscono attraverso i gluoni, particelle senza massa che tengono insieme i quark attraverso la forza nucleare forte. Per capirne di più, i fisici devono creare le condizioni estreme che erano presenti durante le fasi iniziali della storia dell’Universo attraverso la collisione di particelle ad alta energia in modo da osservare i quark allo stato libero prima che essi possano unirsi per formare protoni e neutroni. Studiare così il comportamento dei quark “liberi” e dei gluoni nel cosiddetto plasma quark-gluoni permette agli scienziati di avere maggiori informazioni sulla natura della forza nucleare forte e come essa genera gran parte della massa che noi vediamo nel momento in cui le particelle si uniscono per formare la materia ordinaria. Dunque, mentre la materia visibile tiene conto solo di una mera frazione della massa totale dell’Universo, appena il 4%, il resto, composto essenzialmente da materia scura e da energia scura, è già abbastanza per tenere impegnati i fisici nella loro ricerca verso la comprensione dei due più grandi enigmi della moderna cosmologia (vedasi Enigmi Astrofisici).

Maggiori info: Highlights of key findings presented at Quark Matter 2012

Dallo studio dei cristalli una nuova ipotesi sull’origine dell’Universo

Secondo un gruppo di fisici teorici dell’Università di Melbourne e della RMIT University, il modello cosmologico standard, o del Big Bang, potrebbe non rappresentare la spiegazione più adatta per descrivere l’origine dell’Universo.

Gli scienziati hanno studiato il sistema delle crepe e delle fessure che si formano nei cristalli, incluso il ghiaccio, e da qui le nostre conoscenze sulle fasi primordiali della storia dell’Universo potrebbero essere rivoluzionate: in altre parole, secondo gli scienziati l’Universo sarebbe emerso da uno stato fisico analogo a quello in cui si trova l’acqua mentre sta ghiacciando. “Gli antichi filosofi greci si domandavano di che cosa fosse costituita la materia: si trattava forse di una sostanza continua o di singoli atomi?” spiega James Quach investigatore principale di questa ricerca. “Oggi, grazie a potenti microscopi, sappiamo che di fatto la materia è composta di atomi. Migliaia di anni dopo, Albert Einstein assunse che lo spazio e il tempo costituissero una entità continua, lo spaziotempo, ma oggi si ritiene che che questa ipotesi potrebbe non essere valida su scale subatomiche. Una teoria più moderna, nota come gravità quantistica, suggerisce che lo spazio può essere fatto di piccole entità indivisibili, come gli atomi, analoghe ai pixel che formano una immagine sullo schermo. Il problema è che queste entità sono così piccole che risulta alquanto complicato osservarle direttamente”. Quach e colleghi ritengono comunque che potrebbero aver trovato il modo di osservare questi mattoni fondamentali dello spazio in maniera indiretta. “Pensiamo all’Universo primordiale come ad una sostanza liquida. Man mano che si raffredda, ‘cristallizza’, per così dire, nelle tre dimensioni spaziali e in una dimensione temporale a cui siamo abituati. Quindi, man mano che l’Universo si raffredda, ci aspettiamo che si formano delle crepe simili a quelle che si vedono quando l’acqua diventa ghiaccio. L’utilizzo di questa analogia è dovuto al fatto che l’acqua non ha forma. All’inizio di tutto non c’era nemmeno lo spazio, lo spazio non esisteva perchè non c’era alcuna forma”. Andrew Greentree della RMIT University è convinto che questi difetti di struttura possano essere osservati. “La luce o altre particelle potrebbero mettere in evidenza questi difetti topologici e, in teoria, noi potremmo rivelarli”, dichiara Greentree. Gli scienziati hanno calcolato alcuni di questi difetti topologici e se le loro previsioni saranno verificate sperimentalmente ci si aspetta di risolvere una volta per tutte la questione relativa alla struttura stessa dello spazio, cioè se è continuo e regolare o se invece è costituito da piccolissime entità indivisibili. Insomma, secondo gli studiosi pare proprio che la storia sulla nascita dell’Universo debba essere riscritta. “Uno dei problemi più grossi con il modello cosmologico standard è proprio il ‘bang’, cioè l’esplosione dello spazio: qui le leggi della fisica cessano di essere valide” spiega Quach. Dunque, se le previsioni teoriche saranno confermate dalle osservazioni, il modello del Big Bang potrebbe diventare obsoleto ed essere sostituito con una nuova ipotesi detta del Big Freeze.

ArXiv: Domain structures in quantum graphity