Molte informazioni potrebbero essere contenute nei vuoti cosmici. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Physical Review Letters in cui un gruppo internazionale di astronomi presenta nuove strategie di ricerca per esplorare il comportamento della gravità e la natura dell’energia scura.
Qualche anno fa, venne introdotta un’ipotesi alternativa per spiegare l’espansione accelerata dell’Universo. In altre parole, da un lato l’energia scura veniva considerata un falso problema e dall’altro la teoria della gravità di Einstein non era ritenuta completa. L’ipotesi in questione riguarda l’assunzione che la nostra posizione nella Via Lattea si trovi in una regione rappresentativa dell’Universo. Se, ad esempio, rinunciamo al princìpio cosmologico, secondo cui l’Universo ha spazialmente densità uniforme e appare uguale in ogni direzione, ci si chiede se gli effetti osservati dell’espansione accelerata dell’Universo restino ugualmente immutati. Lo scenario proposto da George Ellis e collaboratori prevede la possibilità che la nostra posizione sia situata proprio in un gigantesco vuoto cosmico, o “bolla”, cioè una regione dell’Universo, non completamente priva di materia, dove la densità media della materia è la metà o addirittura inferiore rispetto alla densità totale della materia. Ora, dato che l’espansione dell’Universo è funzione della quantità di materia, che determina un effetto di attrazione e perciò frena l’espansione dello spazio a causa dell’azione della gravità, si ha che più una regione dello spazio risulta vuota e meno materia essa contiene per rallentare l’espansione. Ciò implica che il tasso di espansione locale dell’Universo diventi maggiore che altrove e diminuisca in prossimità dei bordi della bolla cosmica, dove gli effetti della densità di materia diventano più significativi, per cui regioni dello spazio si espanderanno con velocità diverse. Tuttavia, secondo alcuni scienziati l’esistenza di giganteschi vuoti cosmici sembra improbabile poiché non spiegherebbe l’uniformità della radiazione cosmica di fondo, per non parlare poi della distribuzione apparentemente uniforme delle galassie.

Dunque, partendo dagli spazi vuoti, i ricercatori descrivono nel loro articolo come siano stati in grado di raggiungere una precisione quattro volte migliore nel misurare il grado di addensamento della materia visibile nell’Universo. Paul Sutter dell’Ohio State University e co-autore dello studio, ha dichiarato che queste nuove misure potrebbero aiutare gli astronomi a testare la relatività generale che, al momento, rappresenta la migliore teoria della gravità. Sutter paragona il loro metodo d’indagine un po’ come a “colui che volendo conoscere il tipo di formaggio svizzero va a studiare i suoi buchi”. Ma come mai gli astronomi sarebbero interessati a quelle regioni dello spazio dove non c’è nulla? “I vuoti dello spazio sono privi di materia. Non sono interessanti, giusto?”, spiega Sutter. “Le galassie sono come le città dell’Universo, piene di luce e attività tra le quali sono interposti quei vuoti cosmici come lunghe e desolate distese coltivabili che si estendono per chilometri e chilometri”. “In realtà”, continua Sutter, “ciò che stiamo cercando sono piccole deviazioni della teoria di Einstein, ossia delle evidenze, seppur minime, che essa possa essere sbagliata, e tali effetti sono complicati da osservare se consideriamo l’attività nel suo insieme delle galassie. Allora, diventa molto più facile trovare eventuali indizi proprio in quelle regioni dello spazio dove non c’è nulla, dove esiste meno distrazione e caos, un po’ come è facile vedere il bagliore di un fuoco d’artificio quando ci si trova in un campo di mais che in una città piena di luci”. I vuoti sono tali nel senso che non contengono materia ordinaria. Di fatto, essi sono pieni di energia scura, quell’enigmatica componente che non possiamo rivelare e che sta causando l’espansione accelerata dell’Universo. Nel 1915, Einstein non aveva idea di che cosa fosse l’energia scura e questo è il motivo per cui oggi gli astronomi stanno lavorando per verificare se le equazioni della relatività sono ancora valide in un Universo dominato da questa misteriosa componente.

Sutter ha lavorato in collaborazione con i colleghi che hanno sede in Germania, Francia e Italia per confrontare le simulazioni numeriche dei vuoti dello spazio con una porzione di dati ottenuti dalla Sloan Digital Sky Survey. L’analisi statistica ha rivelato un incremento pari a quattro volte in termini di precisione nei modelli relativi alla distribuzione della densità di materia e dell’evoluzione delle strutture cosmologiche quando gli scienziati hanno preso in considerazione la fisica dei vuoti cosmici. Sebbene lo scopo era quello di rivelare minime deviazioni nel comportamento dei vuoti che vanno in conflitto con la relatività generale, i risultati hanno dato esito negativo. Per ora, la teoria di Einstein è salva. L’analisi e i modelli sono di dominio pubblico perciò potranno essere utilizzati da altri ricercatori per ulteriori studi. “I nostri risultati”, conclude Sutter, “dimostrano che c’è tanta informazione cosmologica nei vuoti cosmici che non è stata ancora utilizzata. Pare proprio come ottenere qualcosa dal nulla”.
Physical Review Letters: Constraints on cosmology and gravity from the dynamics of voids
arXiv: Constraints on cosmology and gravity from the dynamics of voids
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