Grazie ad una serie di osservazioni realizzate col telescopio spaziale Hubble per misurare più accuratamente la distanza delle stelle che si trovano in una ventina di galassie, gli astronomi hanno trovato che l’Universo si sta attualmente espandendo più velocemente rispetto al ritmo derivato dalle misure effettuate durante le epoche primordiali subito dopo il Big Bang. Se confermata, questa apparente inconsistenza potrebbe rappresentare un importante indizio per comprendere tre delle più elusive componenti dell’Universo: la materia scura, l’energia scura e i neutrini. I risultati di questo studio sono riportati su Astrophysical Journal.
Il team di ricercatori, guidato dal premio Noble Adam Riess dello Space Telescope Science Institute e the Johns Hopkins University, a Baltimora, ha trovato che lo spazio si espande più velocemente con un ritmo pari al 5 – 9 percento in più rispetto alle stime precedenti. Si tratta di una chiara discrepranza rispetto al tasso di espansione derivato dai calcoli relativi all’Universo infante. “Questa scoperta sorprendente può rappresentare un importante indizio per comprendere ancora meglio quelle componenti enigmatiche dell’Universo che costituiscono fino al 95 percento di tutto ciò che non emette luce, come l’energia scura, la materia scura e la radiazione scura”, spiega Riess. Per arrivare a questi risultati, gli astronomi hanno utilizzato il telescopio spaziale Hubble attraverso il quale è stato possibile riaffinare la misura del tasso di espansione dell’Universo, ossia la costante di Hubble, con un’accuratezza senza precedenti, un risultato che ha permesso di ridurre l’incertezza solamente al 2,4 percento. Prima che fosse lanciato il telescopio spaziale Hubble nel 1990, le stime della costante di Hubble variavano di un fattore due. Ma verso la fine degli anni ’90, il programma Hubble Space Telescope Key Project on the Extragalactic Distance Scale permise di riaffinare il valore della costante di Hubble al 10 percento, raggiungendo così uno degli obiettivi della missione.

La nuova determinazione della costante di Hubble è stata resa possibile grazie a misure precise delle distanze sia di galassie vicine che lontane sfruttando le capacità osservative del telescopio spaziale Hubble. Per far questo, gli astronomi hanno utilizzato come calibratori due classi di stelle che si trovano contemporaneamente nelle galassie selezionate per lo studio: stiamo parlando delle variabili Cefeidi e delle supernovae di tipo Ia. Le nuove e più accurate misure sono state ottenute rafforzando e razionalizzando la scala delle distanze cosmiche, che gli astronomi utilizzano per misurare in maniera accurata la distanza delle galassie. Il team ha, dunque, confrontato queste misure di distanza con il tasso di espansione dello spazio derivato dall’arrossamento della luce delle galassie che si stanno allontanando. Questi due valori sono stati alla fine utilizzati per calcolare la costante di Hubble il cui valore è ora pari a 73,02 Km/sec/Mpc.

Questa misura presenta un puzzle in quanto non è consistente con il tasso di espansione che è stato calcolato analizzando le epoche primordiali della storia cosmica. Infatti, le misure della radiazione cosmica di fondo realizzate prima dal satellite della NASA WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) e poi dal satellite dell’ESA Planck Surveyor hanno fornito predizioni più piccole per la costante di Hubble. Confrontare il tasso di espansione dell’Universo ottenuto da WMAP e Planck (alle epoche primordiali) con quello ottenuto da Hubble (alle epoche più moderne) è un po’ come costruire un ponte. “Si inizia dalle due estremità”, spiega Riess, “e poi ci si aspetta di incontrarsi in mezzo se tutti i disegni sono corretti e le misure sono giuste. Ma ora, le estremità non si incontrano proprio al centro e vogliamo capire il perchè”. Ci sono alcune possibili ipotesi per tentare di spiegare questo eccesso di velocità. Una possibilità è che l’energia scura, la principale indiziata dell’espansione cosmica accelerata, potrebbe far allontanare ancora più maggiormente le galassie. Un’altra idea propone che durante le sue fasi primordiali il cosmo conteneva una nuova particella subatomica che si propagava con una velocità prossima a quella della luce. Tutte queste particelle relativistiche vengono comunemente definite col termine “radiazione scura” e di esse fanno parte anche i neutrini. Un’ulteriore energia associata a questa radiazione scura potrebbe influire nell’eliminazione di tutti gli sforzi migliori per predire il tasso di espansione oggi dello spazio a partire dal Big Bang. L’incremento nell’accelerazione cosmica potrebbe inoltre implicare che la materia scura possieda delle caratteristiche strane, inaspettate. Infine, questo eccesso di accelerazione nell’espansione dell’Universo potrebbe anche significare che la teoria della gravità formulata da Einstein sia incompleta.
I ricercatori stanno continuando ad utilizzare il telescopio spaziale Hubble allo scopo di ridurre l’incertezza del valore della costante di Hubble per distanze ancora maggiori: l’obiettivo è raggiungere un’incertezza dell’1 percento. Gli attuali telescopi spaziali, come il satellite Gaia dell’ESA, il futuro successore di Hubble, il James Webb Space Telescope (JWST), e lo European Extremely Large Telescope (E-ELT) dell’ESO, forniranno un ulteriore e importante supporto scientifico allo scopo di ottenere misure ancora migliori del tasso di espansione dell’Universo, portandoci ad una migliore comprensione, almeno così si spera, del nostro Universo e delle leggi che lo governano.
arXiv: A 2.4% Determination of the Local Value of the Hubble Constant
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