LHC, quel misterioso segnale a 750 GeV

In un precedente post, abbiamo detto che gli esperimenti ATLAS e CMS hanno presentato una sorta di picco “nascosto” nei nuovi dati raccolti durante i primi mesi del secondo run del Large Hadron Collider (LHC). Entrambi gli esperimenti riportano un piccolo eccesso di coppie di fotoni la cui massa combinata è di circa 750 GeV. Questo segnale potrebbe essere associato ad una nuova particella massiva che decade in due fotoni oppure potrebbe essere una fluttuazione casuale che svanirà nel momento in cui si avranno più dati.

In questi giorni, i fisici hanno presentato i risultati delle ultime analisi durante il meeting Rencontres de Moriond a La Thuile, tra cui il misterioso bump. Dopo aver attentamente eseguito un’analisi congiunta, entrambi gli esperimenti sono arrivati alla stessa conclusione: il segnale è ancora lì. Naturalmente, di tutti gli strumenti che hanno a disposizione gli scienziati per esplorare i misteri dell’Universo soltanto uno è in grado di dire se abbiamo a che fare con una potenziale scoperta o meno: stiamo parlando della statistica. Nel corso del 2015, i ricercatori hanno registrato al collisore LHC una enorme mole di dati generati da 20 trilioni di collisioni protoni-protoni. Tra queste, alcune decine di migliaia hanno prodotto simultaneamente coppie ben distinte di fotoni di alta energia. Circa 1200 di queste coppie hanno una energia composita di 125 GeV, di cui gli scienziati ora sanno che circa un centinaio sono dovute al bosone di Higgs, mentre gli altri 1100 sono state prodotte da processi normali e ben noti. Andando verso energie più alte, lo spettro inizia a fluttuare poichè si registrano sempre meno coppie di fotoni. Ma a circa 750 GeV, si osservano solo poche dozzine di coppie fotoniche, una manciata in più rispetto a quanto previsto. Il fatto poi che questo segnale in eccesso sia davvero riconducibile all’esistenza di una nuova particella o sia invece una normale fluttuazione statistica è tutto da definire. Di per sè, vedere un piccolo bump non vuol dire nulla. Se, però, due esperimenti indipendenti, come ATLAS e CMS, vedono la stessa cosa emergere continuamente, allora la sua presenza non può passare in secondo piano. Certo, potrebbe trattarsi di una mera coincidenza ma se continua a mostrarsi potrebbe essere davvero qualcosa di interessante.

I risultati relativi all’eccesso dei due fotoni, così come è stato osservato da ATLAS e CMS, allineati in modo che le posizioni a 600, 700 e 800 GeV (linee verticali blu) coincidano quasi perfettamente. I picchi nei due insiemi di dati si trovano all’incirca nella stessa posizione. Credit: ATLAS/CMS/LHC

Per realizzare la loro analisi, i fisici che lavorano all’esperimento CMS hanno incorporato circa un 20 percento in più di dati, che sono stati raccolti durante il Run 2. I ricercatori hanno ricalcolato le energie delle particelle registrate dal rivelatore grazie all’uso di calibrazioni più sofisticate. Dopo aver integrato questi due nuovi accorgimenti nel processo di analisi dei dati, CMS vede ancora il bump, non solo ma risulta ancora più definito rispetto a prima. Sull’altro fronte, invece, i fisici che lavorano all’esperimento ATLAS stanno cercando di andare più in profondità per ricavare maggiori indizi sul segnale. I ricercatori hanno infatti riesaminato i dati raccolti dal Run 1 per vedere se questo particolare bump sarebbe ancora comparso. Gli scienziati hanno eseguito due controlli indipendenti, in ognuno dei quali è stato utilizzato un metodo leggermente diverso per classificare e separare le coppie di fotoni. In una delle due analisi, è stato visto un piccolo eccesso di coppie di fotoni a 750 GeV mentre nell’altra analisi non è stato visto nulla di particolare. Un ulteriore controllo dei dati raccolti nel 2015 a 13 TeV fa vedere che il segnale c’è ancora ma non risulta significativo. La morale di tutto ciò è che al momento non si può concludere nulla finchè non saranno raccolti più dati. Ma anche con pochi dati a disposizione, alcuni fisici stanno iniziando a guardare oltre e a speculare su ciò che potrebbe essere questo piccolo bump se diventerà sempre più evidente nel corso del tempo. Una teoria che sta prendendo piede è che potrebbe trattarsi di una sorta di “cugino più pesante” del bosone di Higgs. Se questo segnale si può considerare la prima evidenza di un nuovo bosone, allora secondo i teorici dovrebbe trasformarsi, quando decade, in una ampia varietà di particelle e non solamente in due fotoni. Ad esempio, un cugino più pesante di Higgs potrebbe apparire come il ben noto bosone di Higgs a 125 GeV che quando decade si trasforma in una coppia di bosoni Z, o in una coppia di bosoni W oppure in una coppia di fotoni. Tuttavia, dall’analisi dei dati emerge che non si osserva niente di straordinario negli altri canali. Perciò, i ricercatori stanno ora iniziando a monitorare le energie dei bosoni Z accoppiati a un fotone, un canale che secondo i teorici potrebbe essere una miniera d’oro per l’esistenza di nuovi fenomeni fisici. Tuttavia, i primi risultati non mostrano particolari anomalie.

Insomma, siamo ancora all’inizio del Run 2 di LHC e finora sono stati raccolti circa un decimo di dati rispetto al primo run. Ricordiamo che le collisioni sono 1,6 volte più energetiche rispetto al Run 1 e aprono una nuova finestra, in termini di spettro di energia, tutta da esplorare. Naturalmente, il primo ostacolo per i fisici sarà il tempo che servirà per raccogliere e analizzare almeno 30 volte più dati. Dunque, verso la fine della primavera i fisici riprenderanno gli esperimenti e forse ne sapremo di più sul misterioso bump, e magari su altre cose, verso la fine di questa estate.

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