Grazie ad una serie di osservazioni realizzate con l’Osservatorio Keck situato nelle Hawaii, un gruppo di astrofisici ha osservato con successo la galassia più distante finora conosciuta grazie alla rivelazione della riga Lyman-alfa dell’idrogeno che pone l’oggetto ad un’epoca quando l’Universo aveva un’età inferiore a 600 milioni di anni. In più, il metodo attraverso il quale è stata rivelata la galassia, denominata con la sigla EGSY8p7, fornisce importanti indizi sui processi che hanno fatto “accendere” le prime stelle. I risultati sono descritti su Astrophysical Journal Letters.

Il potente spettrografo ad infrarossi denominato MOSFIRE (Multi-Object Spectrograph for Infrared Exploration) ha permesso ai ricercatori di datare la galassia grazie all’analisi della riga Lyman-alfa che rappresenta una sorta di “impronta digitale” del gas idrogeno riscaldato dalla forte emissione ultravioletta dovuta alla formazione di nuove stelle. Anche se tale caratteristica è abbastanza frequente nello spettro di galassie vicine, la rivelazione della Lyman-alfa per oggetti alquanto distanti è un fatto insolito dato che risulta facilmente assorbita dai numerosi atomi di idrogeno che si ritiene pervadano lo spazio tra le galassie durante le epoche primordiali della storia cosmica. Questo risultato fornisce nuovi indizi sulla cosiddetta reionizzazione cosmica, quel processo per mezzo del quale nubi scure di idrogeno vennero suddivise nei loro costituenti, cioè protoni ed elettroni, dalla prima generazione di galassie. “Osserviamo spesso la riga Lyman-alfa dell’idrogeno negli oggetti vicini essendo uno degli indicatori più attendibili della formazione stellare”, spiega Adi Zitrin del California Institute of Technology (Caltech) e autore principale dello studio. “Ad ogni modo, man mano che esploriamo sempre più in profondità l’Universo, e quindi andiamo sempre più indietro nel tempo, lo spazio tra le galassie contiene un numero crescente di nubi oscure di idrogeno che assorbono questo ‘segnale’”.

In un lavoro recente è stato trovato che la frazione di galassie che mostra questa riga caratteristica diminuisce in maniera considerevole dopo circa un miliardo di anni dal Big Bang, che è equivalente ad un redshift z=6, un parametro che gli astronomi utilizzano per misurare di quanto l’Universo si è espanso da quando la luce ha lasciato una sorgente distante. Per gli oggetti deboli, questo parametro può essere ricavato con un spettrografo installato su un telescopio potente come quello di 10 metri dell’Osservatorio Keck, attualmente il più grande sulla Terra in attesa dello European Extremely Large Telescope dell’ESO, attualmente in costruzione, che avrà un diametro di ben 40 metri. “L’aspetto più importante di questa scoperta è che abbiamo rivelato la riga di emissione Lyman-alfa in una galassia apparentemente debole, il cui redshift è z=8,68 che corriponde ad una epoca in cui l’Universo dovrebbe essere ricco di nubi di idrogeno”, dice Richard Ellis del Caltech e co-autore dello studio. “A dispetto del record precedente detenuto sempre dall’Osservatorio Keck, z=7,73, questo dato ci sta dicendo qualcosa di nuovo sull’evoluzione dell’Universo nei suoi primi centinaia di milioni di anni”. Le simulazioni al computer dei processi di reionizzazione cosmica suggeriscono che l’Universo era estremamente opaco alla radiazione della Lyman-alfa nei primi 400 milioni di anni e poi, gradualmente, con la nascita e la formazione delle prime galassie, l’intensa radiazione ultravioletta dalle stelle giovani bruciò l’idrogeno creando delle “bolle” di raggio crescente che, alla fine, si sovrapposero per cui l’intero spazio tra le galassie divenne ‘ionizzato’, cioè composto da elettroni e protoni liberi. A questo punto la radiazione della Lyman-alfa fu libera di propagarsi nello spazio senza incontrare alcun ostacolo. “Può darsi che la galassia in questione, EGSY8p7, che è stranamente (e intrinsecamente) luminosa, abbia delle proprietà speciali che le hanno permesso di creare una sorta di enorme bolla di idrogeno ionizzato, molto prima di quanto previsto tipicamente per le galassie che sono esistite durante questa epoca”, aggiunge Sirio Belli, uno studente del Caltech che ha preso parte alle osservazioni. “L’oggetto non solo è luminoso ma si trova ad un redshift elevato e i suoi colori, misurati dai telescopi spaziali Hubble e Spitzer, indicano che vi possa essere una popolazione di stelle eccezionalmente calde”. Ora, dato che la scoperta di una sorgente molto antica tramite la riga di emissione della Lyman-alfa è qualcosa di inaspettato, essa fornisce comunque nuovi indizi sul modo con cui le galassie hanno contribuito al processo di reionizzazione. Bisogna dire, poi, che questo processo è irregolare, nel senso che alcune regioni dello spazio evolvono più rapidamente di altre a causa di variazioni della densità di materia da un luogo all’altro. In alternativa, EGSY8p7 potrebbe essere il primo esempio di una generazione precedente di galassie giovani che possiede una insolita ed intensa radiazione ionizzante. “In qualche modo, l’epoca della reionizzazione cosmica rappresenta l’ultimo pezzo mancante del nostro quadro globale che riguarda l’evoluzione dell’Universo. Oltre a spingere sempre più indietro la nostra frontiera fino ad epoche di appena 600 milioni di anni dopo il Big Bang, ciò che è eccitante in merito a questa scoperta è che lo studio di sorgenti come EGSY8p7 offriranno nuovi indizi per comprendere meglio come sia avvenuto questo processo”, conclude Zitrin.
Keck Observatory: New Record: Keck Observatory Measures Most Distant Galaxy
arXiv: Lyman-alpha Emission from a Luminous z=8.68 Galaxy: Implications for Galaxies as Tracers of Cosmic Reionization