L’Universo ‘invecchia’ col RUM

Qualche tempo fa, scrissi un post su HD 140283 che è stata certificata come la stella ‘più vecchia’ dell’Universo, situata a circa 190 anni-luce nella costellazione della Bilancia (post). Quando gli astronomi la datarono inizialmente, essa si rivelò un mistero cosmico: l’oggetto sembrava molto vecchio e venne subito soprannominato “la stella di Matusalemme”.

Nota da circa un secolo, data la sua presenza nelle immediate vicinanze del Sistema Solare, si tratta di una stella ‘superveloce’, povera di metalli, attualmente nella fase di subgigante la cui composizione chimica era in contrasto con la teoria dell’evoluzione stellare. In più, bisogna dire che HD 140283 non è solo una stranezza che risale all’alba dei tempi, piuttosto pare che sia “più vecchia del nostro Universo” poichè la sua età viene stimata essere di 14.46 ± 0.8 miliardi di anni, quando invece l’età dell’Universo viene stimata essere di 13.817 ± 0.048 miliardi di anni, così come suggeriscono i dati di Planck (post). Naturalmente, ci si accorse che i margini d’errore sulla stima dell’età di HD 140283 erano piuttosto grandi rispetto a quelli indicati nella ricerca originale (gli astronomi aggiunsero un margine di errore pari a 800 milioni di anni). Gli errori portavano la stella ad avere una età molto più giovane, rendendola così tra gli oggetti più antichi dell’Universo, ma certamente rimaneva ancora entro i limiti stimati per l’età dell’Universo.

Ma perchè quei limiti superiori nei margini d’errore? C’è forse la possibilità che questo oggetto possa essere così vecchio come viene suggerito effettivamente dalle misure originali ma che “si trovi” su questa parte dell’Universo? Birol Kilkis, della Baskent University ad Ankara, in Turchia, crede sia il caso. Nel 2004, lo scienziato aveva introdotto il cosiddetto Radiating Universe Model (RUM). In base a questo modello, la cosiddetta “exergia“, cioè l’energia disponibile per compiere lavoro, un concetto fondamentale utilizzato per definire quei fenomeni termodinamici senza introdurre l’entropia, si trasferisce dal Big Bang a ciò che Kilkis chiama “una spugna termica di dimensioni infinite” che tende allo zero assoluto in un futuro molto, molto lontano. Dunque, se utilizziamo il modello RUM, si ottiene una età per l’Universo di 14.885 ± 0.040 miliardi di anni, che è marginalmente superiore a quella stimata dai dati della radiazione cosmica di fondo, nonostante ‘sistemi’, si fa per dire, in maniera più semplice l’età originale di HD 140283.

E’ interessante notare che il modello di Kilkis fornisce un nuovo valore dinamico della costante di Hubble e suggerisce che l’espansione dell’Universo abbia iniziato la sua accelerazione dopo 4,4 miliardi di anni a partire dal Big Bang, il che potrebbe sistemare, anche in questo caso, il concetto di energia scura. In più, l’incremento associato al ritmo dell’espansione accelerata starebbe rallentando, il che potrebbe essere causato dalla distribuzione della materia scura che costituisce la rete cosmica nella quale si “appoggiano” le strutture. Il modello RUM suggerisce che anche la costante di Planck non sia una costante ‘pura’ ma una variabile cosmologica, un punto che fu supportato nel 2013 da un lavoro di Seshavatharam and Lakshminarayana. “Il punto è se il nostro Universo osservabile si sta effettivamente espandendo. Se l’Universo ha una massa e un volume, qualsiasi forma abbia, deve espandersi in un mezzo“, dichiara Kilkis. Insomma, secondo lo scienziato, quel “mezzo” deve essere di dimensioni infinite e trovarsi allo zero assoluto, agendo così come una sorta di “spugna termica” e dove l’Universo rappresenta la sorgente termica che si trova all’interno della ‘spugna’.

Inderscience: An exergetic approach to the age of universe
arXiv: HD 140283: A Star in the Solar Neighborhood that Formed Shortly After the Big Bang
Sapub: Is Planck’s Constant - A Cosmological Variable?

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