
E’ quanto sostengono due astrofisici, Zilong Li e Cosimo Bambi della Fudan University di Shanghai, in un articolo che hanno pubblicato di recente. Essi propongono una idea affascinante in base alla quale i buchi neri che riesiedono nei nuclei di quasi tutte le galassie attive potrebbero essere in realtà dei “portali”, meglio noti come “wormholes” o ponti di Einstein-Rosen, che puntano verso altre regioni del nostro Universo o di altri universi paralleli. Inoltre, essi spiegano come una tale idea potrà dimostrarsi vera o falsa grazie ad un nuovo strumento che sarà a breve installato presso un osservatorio dell’ESO in Cile.
Circa quarant’anni fa, gli astronomi scoprirono una forte sorgente di onde radio estremamente brillante in prossimità del centro galattico e la denominarono Sagittario A* (Sgr A*). Successivamente, una serie di osservazioni indusse gli scienziati ad affermare che si trattava di un buco nero poiché il comportamento delle stelle vicine suggeriva la presenza di un oggetto estremamente denso e massiccio. Ciò che siamo in grado di vedere nella direzione di Sgr A* è plasma di gas che orbita in prossimità dell’orizzonte degli eventi e non l’oggetto stesso dato che da esso non può emergere alcuna radiazione. Questo dovrebbe essere vero anche nel caso dei wormholes, quei cunicoli spazio-temporali previsti dalla teoria della relatività generale. Lo stesso Albert Einstein credeva alla loro esistenza anche se nessuno lo ha mai provato finora. Secondo la teoria, queste strutture esotiche sarebbero una sorta di “canali di comunicazione” tra parti differenti dell’Universo o tra due universi paralleli che, a loro volta, fanno parte di un multiverso più grande. Nel loro articolo, Li e Bambi sottolineano che esistono delle forti evidenze a sostegno della loro idea. Infatti, se confrontiamo le orbite del plasma di gas che orbita attorno a un buco nero e a attorno a un wormhole si nota che nel secondo caso esso appare molto più piccolo. In più, la presenza di questi ponti spazio-temporali potrebbe spiegare come mai le galassie più giovani abbiano già un buco nero supermassiccio dato che occorrerebbe abbastanza tempo per diventare così grandi e densi. Ma allora qual è la spiegazione? Li e Bambi concludono che non è possibile e perciò quegli oggetti sono in realtà wormholes che, secondo la relatività generale, potrebbero emergere in poco tempo subito dopo il Big Bang. Ciò che rende questa idea ancora più affascinante è data dallo strumento GRAVITY che sarà installato preso lo European Space Observatory (ESO) in Cile e che permetterà di ottenere delle immagini spettacolari e senza precedenti di Sgr A* e degli altri buchi neri. Dunque, grazie a questo strumento, tra qualche anno si potrebbe dimostrare la validità o meno della proposta di Li e Bambi. I due ricercatori sostengono che la sfera di luce generata da un wormhole dovrebbe essere più piccola rispetto a quella generata da un buco nero perciò se questo sarà vero nel caso di Sgr A* gli astronomi dovranno non solo rivedere la teoria dei wormholes ma dovranno cercare di capire come essi possono inserirsi nei modelli attuali che tentano di descrivere l’Universo.
arXiv: Distinguishing black holes and wormholes with orbiting hot spots
UCLA: Is there a black hole at the center of the Galaxy?