
Credit: Yu Feng
Un gruppo di ricercatori del Bruce and Astrid McWilliams Center for Cosmology presso la Carnegie Mellon University hanno studiato la causa che determinò una rapida evoluzione dei primi buchi neri supermassicci, più di ogni altro oggetto che apparve nell’Universo delle origini: una ‘dieta’ costante di gas a bassa temperatura.
Durante le fasi primordiali della storia cosmica, tra 700 e 800 milioni di anni dopo il Big Bang, le prime stelle e le prime galassie cominciavano a formarsi e, secondo la teoria dell’evoluzione stellare, i buchi neri avevano dimensioni molto piccole rispetto a quelle delle galassie in cui risiedevano. Ma alcune recenti osservazioni realizzate con la Sloan Digital Sky Survey (SDSS) hanno mostrato che questo non è del tutto vero: giganteschi buchi neri supermassicci esistevano sin già a partire da circa 700 milioni di anni dopo il Big Bang e hanno le stesse dimensioni di quelli che osserviamo oggi dopo quasi 14 miliardi di anni. Come è possibile? Per risolvere questo enigma, i ricercatori hanno costruito la più grande simulazione al computer, denominata MassiveBlack, per studiare i primi miliardi di anni della storia del nostro Universo. I risultati della simulazione sono stati un successo perché hanno permesso di vedere la formazione dei primi quasar apparsi non solo con le dimensioni giuste ma anche nel tempo cosmico così come previsto dal modello cosmologico standard. Inoltre, i ricercatori hanno potuto esplorare l’Universo nelle sue ere primordiali andando ad osservare in dettaglio quelle particolari strutture o eventi che è molto difficile osservare direttamente con i telescopi spaziali. Ma andando ad analizzare le simulazioni sulla formazione dei primi buchi neri supermassicci, i ricercatori si accorsero di qualcosa di sorprendente. Di solito, quando flussi di gas a bassa temperatura si muovono verso un buco nero essi interagiscono con dell’altro gas che si trova nella galassia. Questo processo, che determina prima un innalzamento della temperatura del gas che successivamente diminuisce prima di cadere verso il buco nero, dovrebbe impedire la crescita della massa dei buchi neri fino al valore che osserviamo oggi.
In realtà, la simulazione fa vedere la presenza di piccole strutture a filamenti, quelle che danno luogo alla cosiddetta “cosmic web”, lungo le quali scorrono flussi di gas a bassa temperatura che vanno a finire direttamente sui buchi neri alimentandoli così in modo continuo e veloce. Di conseguenza, la massa dei buchi neri cresce in maniera esponenziale e molto più rapidamente rispetto a quella delle galassie nelle quali essi risiedono. Dunque, dato che una galassia si forma quando ha origine un buco nero, questi risultati diventano estremamente importanti perché ci forniscono una indicazione su come si sono originate le prime galassie e quindi, in maniera più globale, su come si è evoluto l’Universo. Il passo successivo sarà ora quello di ricostruire simulazioni sempre più grandi e complesse per coprire una porzione maggiore dello spazio e del tempo cosmico.
ArXiv 1: Early Black Holes in Cosmological Simulations: Luminosity Functions and Clustering Behaviour
ArXiv 2: COLD GAS FLOWS AND THE FIRST QUASARS IN COSMOLOGICAL SIMULATIONS